Storia di Corona del Re

Sommario

Primi anni ed invasione degli uomini del mare
Alessandro, il Difensore degli Uomini
La morte di Alessandro e l'inizio dei Secoli Bui
Il dominio Valniano
La Peste Equina e il dominio Brumiano
La rivolta ed il regno dei Gastaldi

Vedi anche il Principato di Corona del Re: territorio - commerci - società - nomi tipici - storia
La corte del Reggente

logo-terre-spezzate-icona.pngVedi anche Storia delle Terre Spezzate - Racconti e Canzoni, periodi storici:
Re della Primavera, Invasione degli Uomini del Mare, Dominio del Sole, Secoli bui, Dominio di Vesta, Egemonia di Castelbruma, Ascesa dei Gastaldi
Cronologia Sintetica - Personaggi storici - Storia di Altabrina - di Castelbruma - di Valleterna - di Corona del Re - di Neenuvar - di Venalia - di Meridia


Primi anni ed invasione degli uomini del mare

Solo gli Elfi ricordano ancora com’era Corona del Re durante l’epoca dei Re della Primavera (vedi anche: Storia di Neenuvar), e nonostante i Coronensi vivano sui resti di quell’antica civiltà, pochissime notizie su di essa si sono tramandate nei secoli. In pochi sanno che Dimora un tempo si chiamava Altamar, e solo i sapienti conoscono cenni di storia precedenti al sopraggiungere degli Uomini del Mare. I potenti guerrieri armati d’acciaio che giunsero dal nord ghiacciato erano conquistatori famelici e spietati che misero a ferro e fuoco Corona del Re, ridussero i Pitti e gli Elfi all’impotenza, scacciandoli ad ovest verso le terre di Neenuvar, e presero d’assedio la capitale vincendone ogni resistenza. Le poche tracce che rimangono dei Re della Primavera sono il quartiere principesco di Laiquamir, al centro di Dimora, e le rovine spettrali di alcune città, tra cui la contrada fantasma di Borgo Silente, così ribattezzata dagli abitanti di Capo d’Alba. Per certo si sa che gli Uomini del Mare, guidati da Leviardo il Conquistatore, stabilirono la propria capitale a Dimora erigendo la Fortezza dei Flutti; la leggenda narra inoltre che il Trono del Mare, su cui venne pronunciata la frase: “Il tempo degli antichi Re è finito. Mai più un Elfo o un Eliarca governeranno le Terre Spezzate. Oggi inizia l'era degli Uomini”, fu costruito con il legno dei più begli alberi di Laiquamir e con l’acciaio delle spade dei guerrieri del clan di Leviardo.

Molti dei più valorosi guerrieri giunti ad Approdo all’inizio dell’era degli Uomini si stabilirono a Valleterna e Castelbruma, ma tre delle linee di sangue più potenti che si erano distinte durante la conquista rimasero a Corona del Re: i Leviardi, i Gottardi ed i Gandolfi. Di tali famiglie nessuna è sopravvissuta al Regno del Mare, sebbene alcuni sostengano che i Gotardo, Duchi di Approdo, siano della medesima dinastia dei Gottardi che diedero il nome all’isolotto su cui sorge la Fortezza dei Flutti, a Dimora.

Alessandro, il Difensore degli Uomini

Durante i tre secoli che videro la dominazione degli Uomini del Mare Corona del Re cambiò aspetto, la Valle dell’Indaco venne disboscata ed allargata, e furono costruiti i forti di Sentinella e Portarda (oggi Roccamagna) su cui governavano rispettivamente i
Gandolfi e i Gottardi. I Leviardi regnarono fino al sopraggiungere di Alessandro, il difensore degli Uomini, e del suo potente esercito merida, ma una lotta intestina aveva logorato Corona del Re solo pochi decenni prima, lasciando il sud indebolito. Nel 316 i Gandolfi tentarono infatti di conquistare il trono assassinando il Principe Abriano Leviardi durante una battuta di caccia nel Gran Querceto; ne nacque una sanguinosa guerra civile tra i Baroni di Sentinella e la famiglia reale, uno scontro che durò quasi 4 anni e che portò i Gandolfi alla sconfitta. Al termine della guerra la Corona aveva concesso titoli e terre a quattro famiglie che si erano distinte nella difesa di Dimora e negli attacchi mossi ai traditori di Sentinella: i Dominici, i Clementi, i Vignalba ed i Gastaldi, che non ricevettero territori in dono ma servirono come attendenti e Cavalieri nella capitale. Quando l’esercito di Alessandro marciò sul Principato il sud cadde rapidamente, ma Dimora resse l’assedio e Alessandro dovette attendere di guadagnarsi la fiducia e l’ausilio degli uomini di Valleterna prima di tornare all’attacco della capitale. Nel frattempo le rivoluzionarie navi da guerra che i venali avevano iniziato a costruire erano pronte, e di fronte all’esercito di Alessandro ingrossato dai Cavalieri di Monfiore e alla flotta spiegata al largo di Dimora i Leviardi cedettero le armi. Alessandro non sedette però sul Trono del Mare, in omaggio ai conquistatori non profanò il simbolo che fu loro, ma si fece costruire un proprio scranno, il Trono del Sole che ancora oggi domina la Sala delle Udienze nella Fortezza dei Flutti.

Riguardo alla presa di Dimora e alla flotta navale che i Venali avevano costruito per Alessandro si racconta un aneddoto. Pare infatti che quando a Vigezia Alessandro visionò i progetti delle nuove navi da guerra, osservando la futura ammiraglia “Volontà del Sole” di cui Artemio Pelagi sarebbe stato capitano durante la conquista, abbia esclamato che la battaglia sulle acque interne di Corona del Re avrebbe reso il mare rosso di sangue dei nemici. La contesa andò invece in modo assai diverso, perché dopo una prima resistenza le fragili navi degli Uomini del Mare si arresero alle enormi e numerose navi venali, e il mare fu solo bianco di schiuma e non rosso di sangue. Fu così che Alessandro, per onorare il genio venale e ricordare l’episodio, ribattezzò il mare interno con il nome di Mar Bianco.

La morte di Alessandro e l'inizio dei Secoli Bui

Alessandro era un uomo giusto, benevolo, coraggioso ma saggio, che aveva imparato in gioventù ad apprezzare ogni uomo e a rispettare ogni popolo e ogni usanza. Fu così che il più grande sovrano che le Terre Spezzate ricordino riuscì a conquistare non solo i territori, ma anche la fedeltà dei suoi sudditi, in particolare a Corona del Re.
Durante il regno di Alessandro il Principato prosperò, così alcuni Uomini della Sabbia e persino alcuni Niviani si trasferirono a Dimora, che si ingrandì notevolmente e divenne un crocevia di popoli e culture. Ma con l’avanzare dell’età e la mancanza di figli maschi le preoccupazioni di molti nobili fedeli ad Alessandro si aggravarono: la figlia maggiore del Difensore di Uomini era Principessa di Meridia, mentre la figlia minore, Ariadne, era sposata a Febo Pelagi, il Niviano erede di Artemio Pelagi. Negli anni in cui Alessandro si approssimava alla morte sorse un partito di forte opposizione all’idea che Corona del Re e tutte le Terre Spezzate passassero in mani niviane, una compagine di nobil’uomini, latifondisti e Cavalieri guidata dalle famiglie Dominici e Clementi, che cercarono in ogni modo di convincere Alessandro a far risposare sua figlia con un rampollo coronense. Ogni sforzo fu vano e alla morte del grande Re le tensioni sfociarono nella violenza. Per le vie di Dimora il popolino addolorato per la morte di Alessandro mormorava che la figlia e il genero non avessero fatto abbastanza per salvarlo e che l’avessero lasciato morire per prendere il potere. Nel giorno dell’incoronazione il popolo insorse, la folla linciò i futuri sovrani e tafferugli scoppiarono un po’ ovunque falciando soldati e nobili fedeli alla genìa di Alessandro.

Molti membri delle famiglie dei Vignalba e dei Gastaldi rimasero uccisi nel tentativo di sedare la rivolta, quindi ripararono a Capo d’Alba e nelle residenze di caccia presso il Bosco d’Alba. A Dimora i Dominici e i Clementi, che probabilmente avevano aizzato il malcontento e le sommosse, presero il potere. Aloiso dei Dominici si proclamò Re sedendo sul Trono del Sole, ma nessuno dei Principi vassalli gli giurò fedeltà e le Terre Spezzate scivolarono in un’era senza legge in cui i più forti si accaparrarono il potere, iniziarono i tempi selvaggi noti come Secoli Bui.

In quei secoli la stessa Corona del Re si frammentò in tre schieramenti che divisero il territorio in tre zone di influenza, il nord, il centro-est ed il sud-ovest, costantemente in lotta per terre e confini. Questo oscuro periodo del Principato viene ricordato dagli storici come la Guerra dei Tre Re.

I Clementi dominavano sull’Isola Verde dalla città di Portarda, forti dell’appoggio delle famiglie Aloisi e Cavalcanti che, rispettivamente, controllavano l’estrazione dell’argento e l’allevamento di superbi cavalli da guerra.

I Dominici governavano su Dimora e sulle vaste e produttive campagne, ed elessero a propri alfieri le famiglie De Portici e Vermigliani.

I Vignalba di Capo d’Alba, signori dei mari, ed i Gastaldi, che avevano fondato una propria città sulla Costa Aurora, cercarono e trovarono l’appoggio dei potenti Della Torre che dal forte di Sentinella controllavano la Valle dell’Indaco e riscuotevano pedaggi lungo la Strada del Re.

Il dominio Valniano

Al sopraggiungere dell’esercito di Castamante le voci sull’imbattibile cavalleria valniana e sulla nuova religione della Tetrade si erano ormai largamente diffuse a Corona del Re e si dice che i Vermigliani si fossero convertiti al nuovo culto ancor prima che i Valniani scendessero per conquistare il Principato. Il popolo era stanco e vessato da continue guerre e incursioni che i tre eserciti compivano ai danni delle rispettive campagne e città, così i sacerdoti della Tetrade trovarono immediato riscontro ai messaggi di speranza, benessere e virtù che la nuova religione andava predicando.

La cavalleria valniana ebbe facile ragione dei Clementi e dei loro vassalli, annettendo il nord con facilità e conquistando i nobili locali alla Tetrade, ma la presa di Corona del Re fu inaspettata e dettata, in massima parte, dal tradimento dei convertiti Vermigliani nei confronti dei dispotici Dominici. In quegli anni, infatti, il potere dei Vignalba si era rafforzato e cruenti erano gli scontri nella Valle dell’Indaco che avevano indebolito il potere dei Dominici e affamato il popolo.

Nel 758 Gioacchino dei Vermigliani e i suoi armati, ormai convinti che la Tetrade e il suo profeta avrebbero segnato un nuovo corso per le Terre Spezzate, aprirono a Castamante il Glorioso e alla sua cavalleria le porte di Dimora, abbandonando di fatto tutti i territori a sud della capitale all’alleanza di Vignalba, Gastaldi e Della Torre. I Dominici furono sterminati dagli stessi Vermigliani, ma il Glorioso Castamante, nuovo signore di Dimora, risparmiò dame e fanciulli prendendoli come suoi protetti e trasferendoli a Monfiore. I De Portici ripararono a Dimora giurando fedeltà al Glorioso e convertendosi al culto della Tetrade, infine ai fedeli Vermigliani venne lasciato il governo della capitale quali vassalli valniani.

Nel sud del Principato i signori di Capo d’Alba, Litoranèa e Sentinella si erano rafforzati, e per lunghi anni governarono con giustizia portando una nuova stabilità ai territori e benessere al popolo. Ma il culto della Tetrade si andava diffondendo, e Castamante, che si era proclamato Tetrarca delle Terre Spezzate e governava da Dimora in su, costituiva ancora e più che mai una terribile minaccia. I Della Torre e i Gastaldi, preoccupati di una possibile e imminente conquista, cercarono di condurre trattative con i Vermigliani signori di Dimora, ma i Vignalba volevano invece prepararsi alla guerra, e cercarono invece un’alleanza con gli Alessandridi per far fronte ai valniani e riconquistare Dimora.

Quando Castamante chiamò nuovamente a raccolta l’esercito per marciare sul sud delle Terre Spezzate, la sua armata contava oltre millecinquecento Cavalieri. I Vignalba cercarono di opporre resistenza ma la battaglia dei Campi Plachi, poco lontano dal Bosco d’Alba, fu un bagno di sangue in cui l’esercito coronense fu falcidiato, e gli stessi generali Marcello dei Vignalba, Flaviano dei Gastaldi e Guido della Torre furono fatti prigionieri. Si dice che la vista del Glorioso abbia fatto cadere in ginocchio l’eroico Della Torre e l’orgoglioso Vignalba, e che il saggio e anziano Flaviano dei Gastaldi abbia affermato: “Il tempo della guerra è finito, l’oscurità di questi Secoli Bui ci ha accecati tutti, ma un nuovo Alessandro è giunto, e le Terre Spezzate hanno un nuovo sovrano”. Nonostante le reticenze dei Vermigliani, Castamante il Campione del Perfettissimo accettò i nobili signori come propri vassalli e concesse loro di mantenere il dominio dei rispettivi territori. Il Glorioso chiese all’anziano Gastaldi di seguirlo come suo consigliere nella campagna di conquista di Meridia ed il giovane Guido Della Torre lasciò il governo di Sentinella a suo cugino, giurando fedeltà a Castamante come suo Cavaliere e chiedendo di poter servire e proteggere la sua famiglia. Entrambi furono riconosciuti Devoti dalla Tetrade, e nei secoli successivi le loro famiglie sarebbero state, insieme ai leali Vermigliani, i più fedeli vassalli valniani a Corona del Re.

Durante la dominazione valniana Corona del Re rifiorì, templi della Tetrade sorsero ovunque, fu fondata la città di Bianco Porto sull’omonimo mare, e Dimora si ingrandì ed impreziosì nello stile architettonico. Dal primo Cavalierato di Guido Della Torre numerosi giovani coronensi vollero votarsi alla protezione della famiglia reale e di Corona del Re, così per volere di Giustino Della Torre e su investitura del Tetrarca Lodegano dei Castamanti venne fondata la Guardia Reale, un esercito di profonda natura cavalleresca in cui i più nobili, virtuosi e ferventi Cavalieri potevano scegliere, come Guido della Torre aveva fatto, di proteggere personalmente la famiglia reale. I Cavalieri che, aspiranti a tale onore, si fossero mostrati degni sarebbero stati chiamati Cappe Celesti, indossando un mantello di colore blu intenso come nello stendardo del Principato.

La Peste Equina e il dominio Brumiano

A partire dalla seconda metà del decimo secolo si abbatté su Corona del Re una malattia che colpiva i cavalli riducendoli alla morte in poche settimane di intensa agonia. Dapprima circoscritta al sud del Principato e ai contigui territori di Venalia, il morbo, che sarebbe diventato tristemente noto come Peste Equina, si ripresentò nel 973 a partire da Valleterna e colpì duramente i pascoli dell’Isola Verde trasformandoli in un paesaggio di morte. L’ondata di peste del cosiddetto Decennio Nero ridusse in rovina i Clementi e i Cavalcanti che avevano basato la propria fortuna sull’allevamento equino, si espanse velocemente in tutta Corona del Re e, a partire dal 977, iniziò a contagiare anche gli umani. Il Principato fu messo in ginocchio, la popolazione dimezzata e i cavalli che non si erano ammalati vennero comunque bruciati per un editto del Tetrarca. In questi anni un solo barlume di speranza illuminò Corona del Re, un sacerdote della Tetrade che aveva a lungo viaggiato iniziò ad operare miracolose guarigioni nella città di Portarda, salvando molti uomini dalla morte e suscitando veri e propri pellegrinaggi presso l’ospedale che i suoi seguaci avevano allestito nella città più colpita dal morbo. Clovio il Benedetto, che era già anziano all’inizio del Decennio Nero, negli ultimi anni della sua vita guariva con l’imposizione delle mani anche ampi numeri di malati contemporaneamente, e predicava morigeratezza e virtù in risposta al flagello che Aeterna aveva calato sulle Terre Spezzate. Alla sua morte il Tetrarca lo proclamò Devoto e solo pochi anni più tardi vennero iniziati a Portarda i lavori di costruzione di una cattedrale in suo nome.

Quando la peste infine si placò l’antica famiglia Clementi era rovinata, ed i Cavalcanti praticamente scomparsi; il potere militare di Valleterna era indebolito, e solo poche generazioni più tardi gli indomiti seguaci dell’antico culto di Castelbruma e Altabrina si
sarebbero riuniti per rovesciare il potere della Tetrade sulle Terre Spezzate. Forti di un’alleanza con Neenuvar gli uomini del nord piombarono su Corona del Re nel 1122, anno in cui il Principe brumiano Abelardo d’Urso sedette sul Trono del Sole di Dimora. La resistenza all’offensiva fu vana, e si combatté quasi esclusivamente presso Portarda, la città baluardo del nord venne semi distrutta e la Cattedrale del Devoto Clovio data alle fiamme. Giusto Della Torre, nobile capofamiglia e comandante della Guardia Reale, venne ucciso nella piazza d’arme della Fortezza dei Flutti e la sua famiglia imprigionata per essersi rifiutata di abiurare la fede tetradica ed inginocchiarsi ai nuovi regnanti. I Cavalieri della Guardia Reale si diedero alla macchia e operarono nell’ombra durante gli anni di dominazione brumiana, agendo da sobillatori nelle campagne e attaccando ogni carovana di tributi alla corona e ogni drappello di uomini del nord. Tale compagine si fece chiamare Fratellanza dei Giusti, per onorare il coraggio di Giusto della Torre e rimarcare la propria aderenza al culto della Tetrade.

La rivolta ed il regno dei Gastaldi

Nel frattempo le altre nobili famiglie di Corona del Re, i Gastaldi in testa, finsero di accettare i nuovi sovrani preparandosi a rovesciare il prima possibile il traballante regno brumiano. Unica eccezione furono i Clementi, che pressoché ridotti alla fame trovarono asilo presso la Corte di Dimora e servirono lealmente i D’Urso. Ma nel 1148 Anemone dei Clementi, una fanciulla che era riuscita ad entrare nelle grazie del Re tanto da diventarne la concubina, assassinò il sovrano nel sonno e, cercando di fuggire da palazzo, venne catturata. Segnò così la definitiva rovina della sua famiglia che fuggì, riparandosi a Litoranèa sotto la protezione dei Gastaldi. La ragazza, che dichiarò prima di essere messa a morte di chiamarsi Giustina (nome con cui la fanciulla fu nominata Devota) e di aver agito per servire la Tetrade e Corona del Re, fu riconosciuta come membro della Fratellanza dei Giusti e causò un’ondata di repressione di seguaci del culto tetradico come non se ne erano viste dall’anno della conquista brumiana. Contestualmente a questo, un’ondata di Orchi sciamò nell'Alta Valle dell’Indaco distruggendo la cittadina di boscaioli di Casalcore e mettendo in seria difficoltà le già provate difese del Principato.

Il malcontento si acuì e in pochi decenni i tempi si fecero maturi per la tanto attesa rivolta. I Gastaldi si erano infatti promossi alfieri di una nuova segreta alleanza per rovesciare i Re della Bruma: all’ombra del trono, distratto dalla palese rivolta della Fratellanza dei Giusti, i Gastaldi avevano tessuto una fitta rete di accordi che univano tutte le famiglie di Corona del Re, i vessati Venali, i mai domi nobili di Valleterna e i traditi Eredi di Neenuvar, disillusi dalle false promesse brumiane e disgustati dalle sanguinose repressioni religiose.

Nel 1174 Adriano dei Gastaldi, detto il Conquistatore, scacciò con un poderoso esercito i brumiani da Corona del Re e forte delle proprie alleanze vinse la fedeltà di tutti i Principati da Venalia a Valleterna. Ma i brumiani rifugiati dietro Capo Tempesta non davano segno di cedere e fu allora l’abilità politica a vincere sui figli della Bruma. Il Re Gastaldi riuscì ad annettere al regno in un sol colpo Altabrina e Castelbruma, grazie ad un'abile alleanza siglata con il Clan del Falco. I Gàrgiari trattarono infatti la resa del più settentrionale dei Principati in cambio della propria elevazione al rango di Principi di Altabrina e dell’adesione alla Pace del Re; in virtù del patto di vassallaggio fecero sbarcare i soldati coronensi presso Riparossa, invadendo Castelbruma da ovest e vincendone ogni resistenza.

Infine, con un esercito alla testa del quale stava il legittimo discendente del Difensore degli Uomini, Ganimede degli Alessandridi, marciò su Meridia assoggettandola al proprio potere. Corona del Re dominava le Terre Spezzate.

Negli anni successivi alla conquista, Corona del Re prosperò, forte della supremazia dei Gastaldi e di una nuova pace che concedeva ai popoli la libertà di culto e ai Principi il diritto di amministrare le proprie terre. Furono emanate leggi giuste che venivano rispettate in tutte le Terre Spezzate e la stessa filosofia di tolleranza e apertura, che aveva guidato l’opera di Alessandro e che aveva forgiato nei secoli la cosmopolita Dimora, fu il blasone dei Gastaldi nel governare. L’influenza venale sul Principato fu immediatamente evidente e molte famiglie di Niviani e Uomini della Sabbia si trasferirono nella capitale, portando con sé un dono straordinario. Negli stessi anni in cui il Re Adriano dei Gastaldi concedeva il titolo di Baroni, la città di Bianco Porto e i suoi territori alla niviana famiglia Malachei, nel centro di Dimora prendeva sede l’Ordine degli Alchimisti di Corte, le cui conoscenze provenivano dai centenari studi dei sapienti meridi.

I dispersi sacerdoti della Tetrade, che avevano predicato nel segreto protetti dalla fede e dalla devozione popolare, vennero riabilitati e l’Ecclesia della Tetrade, sciolta dai Brumiani, fu rifondata per ordine del Re. Nel 1177, nella città di Dimora si tenne il Primo Concilio Tetradico, in cui tutti i padri predicatori sopravvissuti alle repressioni si riunirono per eleggere un nuovo Tetrarca che avrebbe guidato la chiesa da Corona del Re e nominato i vescovi per tutte le città delle Terre Spezzate. L’Ecclesia della Tetrade risorse dalle proprie ceneri, ardenti e mai spente, e segnò un nuovo corso religioso poiché la guida spirituale scelta non fu un nobile né un potente, bensì un plebeo di nome Ottavio che era nato nelle campagne intorno a Porta Scirocco.

Il successore di Re Adriano dei Gastaldi, suo figlio il Re Caio Magno dei Gastaldi, rafforzò ulteriormente la stabilità che si andava costruendo e onorò il patto stretto tra suo padre e il Clan del Falco accogliendo una comunità di Pitti provenienti dalle gelide terre del nord. I fieri uomini dal volto dipinto si stabilirono nel cuore del Gran Querceto e nella città di Vento in qualità di Guardiacaccia reali, aumentando il livello di sicurezza delle strade e delle campagne e fornendo un nuovo supporto alla Guardia Reale nella protezione dei confini e nella lotta alle creature selvagge. Caio Magno dei Gastaldi viene anche ricordato come Il Costruttore, poiché fece lastricare la via da Dimora a Bianco Porto che nominò in onore di suo padre, ricostruire la cittadina di Casalcore, che venne rinominata Querciantica, e la città di Portarda comprensiva del Forte Verde e della Cattedrale del Devoto Clovio che erano state date alle fiamme dai Brumiani. Il baluardo del nord, completato due anni dopo la morte del sovrano, fu nominato in suo onore Roccamagna.
Divenne Sovrano delle Terre Spezzate Cornelio dei Gastaldi, uomo giusto e saggio che onorava la memoria dei suoi padri, amato dal popolo, rispettato e seguito da nobili coronensi e Principi. Guerriero irruente e coraggioso in gioventù, il Re cacciava e combatteva solo in rarissime occasioni, dopo essere stato colpito dal poderoso e venefico fendente di una creatura enorme e mostruosa, mentre difendeva la Costa Magna da un’invasione proveniente dalla Selva dei Lupi. Leggenda vuole che, trasportato a Dimora dopo i primi soccorsi, fu la stessa Tetrarca Beatrice, sua intima amica nonché consigliere di corte, ad occuparsi delle ferite del Re e a salvargli la vita. A un certo punto fu il giovane Principe Aureliano dei Gastaldi a comandare la Guardia e i Guardiacaccia Reali e a guidarli nelle missioni importanti, occupandosi anche dei viaggi al di fuori del Principato per cui il Re dovrebbe compiere tragitti troppo gravosi. Si diceva che il Principe fosse il ritratto del suo bisnonno Adriano, e che fosse destinato a grandi cose, forse anche per questo il Re gli concesse il potere di amministrare l’esercito e, in alcuni casi, anche gli stessi affari del Principato e del regno. In effetti, quando venne il tempo, fu Aureliano a salire al Trono del sole e amministrare il regno, fino alla sua caduta nel 1261... ma questa è storia recente!