Cronache di nevoso 1262
Venalia, città di
Candia
sesto giorno della seconda
decade di nevoso
1262
Un banchetto di Pace
Dodici mesi fa il potente Barone
Eumeo Pelagi invitava nella sua
Candia principi, nobili e dignitari da tutte le Terre Spezzate affinché presenziassero a un
sontuoso banchetto. Allora i più speravano di festeggiare la serenità ritrovata dopo un anno durissimo (c'era stata la
Guerra Ashai, il dominio degli
Avvizziti, l'uccisione del
Re accusato di esserne diventato il burattino...). Purtroppo le speranze andarono deluse: da mesi covavano i germi di una nuova guerra, stavolta per la successione al
Trono del Sole, giacché l'occasione del Re trapassato senza un vero erede era troppo ghiotta perché gli ambiziosi principi se la lasciassero sfuggire, e a quel banchetto volarono botte da orbi, ci scappò il morto (anzi, tre) e fu di fatto dichiarato l'inizio delle ostilità.
Sicché, fu quasi con un sorriso incredulo che molti notabili e segretari accolsero nel brumaio 1262 un biglietto che li invitava di nuovo a Candia, di nuovo in Nevoso, di nuovo con la promessa di un banchetto "in cui godere dei frutti della pace ritrovata". Eppure il sigillo del barone Pelagi era indubbiamente autentico e la prosa inequivocabile: il
niviano faceva sul serio. I consiglieri del principe
Falcobrando già si prodigavano in poco eleganti scongiuri per esorcizzare la jella, seguiti appena più garbatamente dai vicini di
Castelbruma, ma anche per chi si pregiava di abitare le più affettate sale regali di
Vesta e
Vinyamar un alone di dubbio circondava la missiva. Che il Pelagi volesse "farsi perdonare" per la piega che avevano preso le cose l'anno precedente? Bubbole, si rispondevano i più consumati burocrati
coronensi: non era certo tipo da sentirsi in debito con alcuno per questo... d'altro canto, non era mai stato uomo da rimanere in disparte nel complesso gioco di rapporti politici, commerciali e militari che costituisce la vera ossatura di un regno, avrebbe osservato un
Merida. Probabilmente, conclusero i più, il barone, che in un raro errore di giudizio aveva finito per parteggiare in
guerra per la fazione perdente, mirava -ora che le acque sembravano essersi calmate- a ingraziarsi i nuovi signori delle Terre, per riconsolidare la sua tradizionalmente robusta base di potere.
In fondo, non si poteva negare che la
Terza Guerra dei Tre Re era finita, la
Calata dei Diurni arginata e respinta, i due
nuovi Regni emersi dalle ceneri della monarchia coronense consolidati (almeno all'apparenza) e che nessuna grande minaccia sembrava profilarsi all'orizzonte: che fosse la volta buona? Fatto sta, che tra il semplice peso politico del Pelagi e le promesse di sontuose
libagioni, di un vivace
torneo d'arme e di una magnificente
asta che ridesse impulso al commercio di beni di lusso e pregiati artefatti, ben pochi avevano osato rifiutare l'invito. Non lo aveva rifiutato nemmeno
Nineve, il nuovo siniscalco di Vesta, che l'anno precedente era stata malmenata e rapita in relazione alla contesa per il trono (lei sì, ufficialmente invitata per fare ammenda dello spiacevole evento) e non lo avevano rifiutato
Castalia Serpentina e
Prometeo da Lisandria, rappresentanti delle due scuole di magia in acerrima competizione: appena ammoniti dal
Re stesso a maggior contegno, non potevano certo tirarsi indietro dal dimostrare in pubblico la loro buona volontà (anche se, nelle taverne come nei palazzi, molti erano pronti a scommettere che i bollenti spiriti erano tutt'altro che chetàti e al convivio si sarebbero viste ancora scintille).
Aveva certamente colto l'opportunità di prendere due piccioni con una fava la duchessa
Bianca Portalupo: con il compiaciuto patrocinio del blasonato anfitrione, aveva ottenuto di tenere al banchetto il proprio sposalizio con il vescovo
Arnaldo Nardovino, sperando, in campo neutro, lontano dai focosi parenti dell'uno e dell'altro, di celebrare nozze più tranquille (anche se già si vociferava che la servitù del Pelagi avesse pronto un secondo servizio di piatti, nel caso in cui gli invitati Brumiani e Valniani fossero venuti alle mani con ricadute deleterie sugli allestimenti della sala). Non fosse bastato tutto il resto, questo evento che prometteva di tingere di rosa il convivio aveva attratto definitivamente l'attenzione delle più importanti famiglie mercantili venali,
Zenaidi in testa, che lasciavano presagire la loro partecipazione in forze, insieme a frotte di nobili, seguaci, armigeri e commercianti da tutte le Terre Spezzate, che si apprestavano a mettersi in viaggio alla volta di Candia per convenire nella sontuosa magione di campagna del barone Pelagi, nella speranza di godersi, finalmente dopo anni,
un banchetto di pace.
Riassunto di quanto accadde
E fu
"assolutamente" un banchetto di pace:
"non fu dichiarata alcuna guerra!" commenterebbe forse l'inscalfibile anfitrione a chi un giorno obiettasse che anche stavolta di botte ce n'era stata la dose e di morti pure. Ma il banchetto che si tenne a
Candia, indetto dal Barone
Eumeo Pelagi non fu nulla di paragonabile a quello che si tenne solo un anno prima, ove divampò la
Terza Guerra dei Tre Re. Stavolta le scaramucce furono di portata limitata e coinvolsero "solo" pochi cortigiani per volta, per giunta in odor di sotterfugio più che di sfida aperta. Le libagioni abbondarono, l'asta si tenne, con qualche battitura davvero pregevole, così come il torneo, che si fece alla venale (a coppie, vale tutto) e vide finalisti
Annibale Grignapoco e
Cristoforo Ardente contro
Fieropasso e
Dedalo da Rocca d'Avorio, con la vittoria dei secondi. Il tutto fu persino impreziosito dalla sorpresa mondana della visita di
Mabella Celena, la leggendaria "madre" del
baronetto Zenaidi.
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Il matrimonio della Duchessa Bianca Portalupo con il Vescovo Arnaldo Nardovino |
Il matrimonio di
Bianca e
il Rosso non riuscì a scampare i fumi dell'astio di campanile, nonostante il campo neutro, e la cerimonia dovette attendere il tardo pomeriggio giacché la più piccola scusa (un regalo non gradito) fece scoccare scintille tra
Nero e Mondragone, il padre dello sposo, che si sfidarono a duello mortale; combatterono in realtà due campioni, Annibale Grignapoco per i tetradici e
Elemaro Portarovo per gli uomini della bruma, che, perdente, fu giustiziato da Nero, ma poi graziato da Mondragone e curato, commutando la morte promessa in servizio a vita nel
Clan dell'Orso.
I veri morti furono altri: il mahtaren
Arrigo Rugantino, ucciso dai suoi con l'accusa di tradimento; il forgiatore
Manfredo, che da qualche mese era palesemente coinvolto in faccende poco chiare e sparì in circostanze misteriose; infine l'alchimista
Aglione, ammazzato dai brumiani con l'accusa di essere implicato nella dipartita del Manfredo, anche se pare che un'inchiesta delle
Guardie Reali non trovò certa la sua colpevolezza. Guardando oltre (anzi, indietro) gli amministratori della Giustizia del Re procedettero con l'occasione a sequestrare un consenziente
Emerico del maglio perché fosse punito per lo sfregio all'inquisitrice
Adara del mese precedente; intanto la merida trovò di certo una qualche consolazione nella nomina a sopresa, nel bel mezzo del convivio, a dama di ferro.
Poi, sì, non mancò il minimo d'ufficio di botte tra le corti per questa o quella contesa; di certo alcune volarono attorno a
Prometeo da Lisandria e
Castalia Serpentina, alimentando le dicerie che il braccio di ferro sotterraneo tra le accademie di magia de
La Spina e del
Circolo Ermetico fosse tutt'altro che sopito.
Ciononostante, dunque, fu tutto sommato un banchetto relativamente tranquillo, che alla fine verosimilmente sarà ricordato piuttosto per l'annuncio più clamoroso da anni: la serenissima Basilissa
Desdemona Alcestidi dichiarò a tutti i presenti che documenti e carte erano stati scoperti dall'erudito
Palladio sull'origine della razza
niviana in un continente al di là del mare... e che era suo intento mettere in piedi una gloriosa spedizione per visitarlo. Sua Maestà
Edoardo benedisse l'intento, sul cui carro salirono uno dopo l'altro -non sorprendentemente- tutti i principati, pronti a partire alla volta del
Nuovo Mondo!!
Ritratti e disegni - 1 - 2 - 3- 4
Novità e Dicerie
"Ho partecipato al torneo e sono arrivato secondo, capendo finalmente come si sente Prometeo quando mi incontra. Fa davvero schifo essere Prometeo".
[1]
"Mai, mai mettere un Nardovino ed un Portalupo alla stessa tavola. Mi toccherà ricordarlo. Nero ha provato a donare una pelliccia a me ed Arnaldo... peccato che l'abbia gettata sul tavolo, e che Mondragone, igienista com'è, non abbia gradito. Da lì hanno iniziato a volare parole grosse, Mondragone ha messo in mezzo il ricordo di nostra madre... e che cos'è un matrimonio senza un duello mortale? Avrei voluto morire..."
[2]
"Se Nero rispetterà veramente le sue parole andrà a bussare alle porte di Albaridia con un esercito, non vedo l'ora che accada per far scorrere un po' di sangue valniano. E prenderemo altre cento vergini, alla faccia del Re!"
[3]
"Ora che il teatrino rosa è concluso, è tempo che il quotidiano viri su toni più scuri.
Scarlatti come il marchio di un rancore mai sopito.
Scarlatti come il simbolo della vergogna più grande.
Scarlatti come il sangue dei porci sgozzati.
Ora che il nero e il rosso si sono uniti, il bianco non ha più spazio. L' essenza del più forte è destinata a trionfare, divorando come mantide il suo sposo.
E così dopo il dolore dello scarlatto, tornerà finalmente la notte con il suo colore." [4]
"Col cazzo che entro nel clan dell'orso!"
[5]
"Cos'è che avrei detto io? Dannata vinaccia venale".
[6]
- commenta con l'usuale sarcasmo Cristoforo Ardente, mahtaren e Mago di Corte.
- riferisce scuotendo la testa la Duchessa Bianca Portalupo.
- blatera ubriaco Arimanno Famedoro, Guerriero del Clan del Gufo.
- pare abbia profetizzato nel sonno Vacone, dopo essere stramazzato per il troppo vino ingerito.
- sbraita Elemaro Portarovo.
- pare abbia borbottato Vacone al suo risveglio.
Eventi del mese
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