Cronache di nevoso 1263
Nuovo Mondo,
Terre dell'Ovest
quinto giorno della seconda
decade di nevoso
1263
Approdo a Calastea
La costosa
spedizione Palladiana alla conquista del Nuovo Mondo, annunciata in gran pompa e caricata di enormi aspettative, non ha riscosso senz’altro i successi sperati. Qualcuno non ha timore di parlare di un vero e proprio fiasco: tirate le somme, a causa dei continui dissidi gli uomini delle Terre Spezzate hanno strappato a genti e bestie autoctone appena tre piccoli feudi coloniali, di cui solo l’ultimo, nelle terre dell’Ovest, effettivamente pregiato grazie alle sue vene aurifere.
“Affidata a degli inetti, evidentemente”, il giudizio lapidario mormorato nelle stanze dei dignitari rimasti nelle Terre al ricevere le prime indiscrezioni sugli sviluppi della campagna, “incapaci di ridurre alla ragione creature selvagge e più preoccupati di farsi la guerra che di spartirsi prudentemente il bottino”; di certo, non gente da raccomandare per una promozione, per dire il meno. Meno male, allora, che c’erano loro a casa quando la guerra è scoppiata in ogni dove e il regno è stato scosso da rivolte e sommosse, a rischio persino di ridisegnarne la geografia. Meno male che c’era chi sa cosa bisogna fare per il bene del paese e non esita a farlo, per quanto dura possa sembrare la decisione. D’altronde, nel gioco del trono o vinci… o muori.
Ma che ne possono sapere, loro, di cosa hanno passato quelli che hanno preso parte alla spedizione? Davvero immaginano che fosse solo questione di cacciare
gibboni e tracciare a tavolino linee su una mappa? Come mettersi nei panni di chi ha patito la fame e gli stenti, visto amici impazzire o morire tra atroci sofferenze, l’ordine sociale vacillare e tutti i punti fermi scardinarsi, uno dopo l’altro? Nessuno di loro sarà mai più la stessa persona.
Ora i reduci fanno ritorno, con la testa piena di pensieri e di infiniti dubbi su cosa li attende. Non ne volevano più sapere di quelle terre inospitali, che fanno perdere il senno, e un parola si affacciava insistentemente nella testa:
casa. Eppure ora che è a portata di mano, si chiedono se riusciranno a riprendere la vita di prima... Con che occhi avrebbero guardato le vecchie cose d’ora in poi? E sarebbero state ancora le stesse le terre che avevano lasciato un anno fa? Si è parlato di tumulti, di conflitti. Come li accoglieranno quelli che sono rimasti, che si aspettavano di vederli tornare ricchi e vincitori?
Dopo il duro viaggio attraverso il
mar del vespero sono giunti in vista di
Calastea, il porto più a ovest nelle Terre, dove tosto il capitano ha fatto vela per far finalmente toccare terra al suo stremato carico umano. Sul molo, il Signore della città, Barone
Magno Demone Cipridi, ad accoglierli festosamente ed invitarli a indugiare qualche giorno nel borgo, per riprendere le forze prima di far strada verso casa: ci si sarebbe poi accomiatati con un degno banchetto, diceva.
Parecchi, fra cui tanti blasonati, hanno declinato cortesemente l’invito e sono ripartiti in fretta e furia, con il primo passaggio utile per le loro terre, ansiosi di toccare con mano la realtà dei fatti. Altri, specialmente quelli che avevano le scelte più tormentate di fronte, hanno acconsentito a riposare un attimo e condividere il desco del barone. Giungeranno graditi ospiti dai
principati vicini, comunicava l'anfitrione più tardi, giacché appena le navi erano stata avvistate all’orizzonte i corvi erano partiti verso i quattro angoli del regno ad annunciare il lieto evento. Magari anche una degna scorta verso casa, aggiungeva. Magari anche qualcuno che non avrebbero affatto voluto incontrare, temettero in molti…
Riassunto di quanto accadde
Tutti si attendevano che i mirabolanti racconti delle imprese oltremare avrebbero monopolizzato il banchetto. Gli eroici esploratori avevano pure riportato ricchezze, piante e frutti della terra dal
Nuovo Mondo, persino un nativo
Nivicara, preso al suo seguito dalla Basilissa
Desdemona Alcestidi. In realtà, dopo un piccola euforia iniziale, tanto i reduci quanto i locali dovettere ammettere a sé stessi che avevano ben altro per la testa e le suggestive storie delle terre lontane non scaldavano il cuore degli uni, né facevano breccia in quello degli altri.
No, era il presente, e il futuro, delle Terre Spezzate a tenere banco. I reduci poterono aver conferma delle voci giunte nel nuovo continente, e udirne il seguito: venti di rivolta soffiavano su tutto il vecchio mondo!
I
bruti del deserto si erano radunati alla guida di
Esone degli Agoni e stavano prendendo il controllo, lega dopo lega, di una porzione crescente delle terre di
Meridia e ci si attendeva che presto avrebbero contestato il potere di
Temistocle.
Il
Regno delle Acque viveva un lacerante dissidio interno tra i fieri
Pitti, pronti a sfidare l'alleato
Re Edoardo per le sue pressioni religiose, e i più moderati
Eredi e pare che solo la mediazione di sire
Galdor, uscito dall'ombra in cui si era ritirato da tempo, stesse evitando il peggio.
Il Re, in realtà, aveva già i suoi grattacapi con
Alarico d'Urso, che si era giocato il tutto per tutto approfittando della dipartita oltremare di molti armati e dignitari per sferrare un colpo disperato all'eterno nemico... senza successo, per fortuna della
Rosa (si dice, grazie al coraggio degli abitanti di un piccolo baluardo di campagna sulla
Strada del Re, che respinsero un cruciale colpo di mano
brumiano volto a tagliare i rifornimenti all'armata reale). A quanto pareva, proprio in quei giorni i
Paladini del Re stavano ricacciando le schiere ribelli oltre
Passo Tempesta.
E
Venalia? La placida e ricca Venalia? A prima vista poteva sembrare rimasta indenne dalle turbolenze che affliggevano il vecchio mondo.. ma fu proprio il destino di Venalia al centro degli eventi che i partecipanti al banchetto poterono testimoniare. Mentre ai margini si consumavano piccoli e grandi drammi personali, affari loschi e regolamenti di conti, le personalità più importanti e i loro seguiti giocarono una sottile partita a scacchi per il controllo del trono della Vela. Il triumvirato di baroni che aveva preso il potere in assenza della
Basilissa non sembrava affatto intenzionato a cederlo e puntava a soggiogare la principessa con il ricatto, se non fosse bastata la persuasione. I numeri sembravano a loro favore: il controllo dell'esercito e della flotta, una truppa mercenaria, persino i maghi de
La Spina. Ma la Vipera Bianca giocò al meglio le sue carte e con l'aiuto dei suoi fedelissimi disinnescò tutte le trappole che i tre avevano steso sul suo cammino e portò molti dei loro dalla sua parte.
A quel punto, con grande sorpresa di tutti, il Re in persona fece la sua comparsa! Con la scusa di dare il benvenuto ai reduci, era chiaro che volesse dare un segnale di forza, di avere la situazione sotto controllo. Beh, i presenti non mostrarono particolare soggezione: tutta gente che ne aveva viste di cotte e di crude, i dignitari piuttosto lo "assalirono" presentandogli il conto di tutte le contraddizioni e i rancori cresciuti negli ultimi mesi. Che si fosse autoproclamato
Tetrarca, che si vociferasse che voleva allungare le mani sul seggio di
Corona del Re, che stesse eccedendo nel punire i popoli del
Nord estremo per la loro riottosità. Cocciuto e fiero, Edoardo tenne botta, ma di fronte all'evidenza di aver scontentato così tanti suoi vassalli, il vecchio guerriero cedette terreno per non andare incontro ad altre rivolte. Promise di indire un concilio per l'elezione del nuovo Tetrarca e rassicurò, sulla parola, di non avere pretese su Corona. Desdemona fiutando la belva all'angolo colse la palla al balzo e presentò il suo caso. Il Re, che in realtà contava sul triumvirato come un interlocutore più benevolo, non si sentì di affrontare anche questa battaglia e concesse che lo status quo doveva essere ripristinato.
E così, mentre i convitati si allontanavano verso le proprie case, chi mestamente guardando a una ridda di problemi ad attenderlo, chi trionfante e con le tasche piene d'oro, gli ex triumviri venivano congedati e ringraziati per i loro servigi con la nomina ad ambasciatori nelle terre più lontane e ferali da una raggiante Basilissa, che poteva, infine, riaccarezzare il suo scettro.
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