Società di Corona del Re
I Coronensi sono un popolo vario ed eterogeneo, in cui convivono razze diverse che difficilmente, al di fuori del contesto cosmopolita di
Dimora, riuscirebbero a trovare un equilibrio tanto stabile e fruttuoso. Gli abitanti di
Corona del Re sono infatti soliti affermare di aver tratto il meglio da ogni popolo delle Terre Spezzate che si insediò o dominò questo Principato. È raro che nelle città coronensi ci si stupisca di qualcosa o si verifichino atti di intolleranza superiori alla blanda derisione, anzi, la maggior parte delle culture vengono osservate o valutate nell’ottica di comprenderne i punti di forza. Benché siano di costumi liberi e di aperte vedute, i coronensi conservano però una forte identità popolare ed un orgoglio patriottico che, per via del corso storico di questo Principato e delle numerose dominazioni straniere, di norma esulano dall’identità dei propri sovrani, e si basano piuttosto sulle tradizioni locali rimaste immutate nei secoli. Tra questi pilastri risiedono i caratteri distintivi e propri della società coronense.
Società
A Corona del Re i rapporti gerarchici e la
nobiltà sono importanti e rispettati, il popolino ripone fiducia negli
armati, nei
sacerdoti, negli
studiosi e, in particolare, nei nobili, onorando tali figure e comprendendo i reciproci impegni per il comune benessere. Tale costume è ovviamente più forte nelle
campagne che nelle affollate
città.
Nobilta' e Contado
Il Principato è infatti ricco di
fertili campagne, mari pescosi, foreste, montagne e verdi pascoli che hanno bisogno di gente volenterosa, forte ed onesta per essere sfruttati a dovere. Ma Corona del Re è anche funestata da
creature selvagge e aggressive che spesso si avventano sugli insediamenti civilizzati e, proprio in virtù della sua ricchezza, è da sempre preda delle mire di coloro che, bramosi della prosperità di queste terre, cercano di impossessarsene. Ecco perché le antiche ed amate famiglie nobiliari sono principalmente latifondisti che nel corso dei secoli non si sono interessate al vasto potere che Dimora poteva offrire, al
Trono del Sole o alla conquista di altre terre. Si tratta invece di casate il cui obiettivo è stato proteggere la propria gente e i propri territori, e che si sono piegate a dominatori stranieri pur di mantenere vivo lo spirito coronense, rafforzandolo grazie al contributo di ogni nuovo popolo, ogni nuova cultura. Perciò non vi è un Principato in cui il popolo sia tanto legato alla nobiltà locale come a Corona del Re. Di contro agli occhi dei titolati coloro che lavorano la terra, e che, più in generale, svolgono lavori pesanti tesi alla produzione, sono ammirati e benvoluti. Pertanto è consuetudine, da una parte che un nobile trovi sempre asilo e mensa presso la casa di un contadino, dall’altra che i nobili in occasione dei tradizionali giorni di
festa organizzino sagre popolari in cui giullari e cantastorie vengono assoldati per divertire il volgo. Inoltre, nella maggior parte dei territori rurali, la pericolosità delle
selve e delle creature che vi dimorano fanno sì che i nobili locali siano sempre pronti a proteggere la gente di campagna ed accoglierla all’interno di mura fortificate di città o castelletti.
Le Città
Nelle popolose
città di Corona del Re la mentalità è invece diversa, gli abitanti urbani tendono a dare maggiormente per scontata la protezione nobiliare, e riconoscono invece ai Baroni locali il merito dei benefici dati dalla battitura delle strade, dalla sicurezza dei mari e dal prestigio offerto da avvenimenti ed istituzioni che richiamino viaggiatori e mercanti. Ecco perché i maestri artigiani di grande richiamo, i
tornei , i palazzi sfarzosi e le cerimonie godono di grande favore nei borghi coronensi ed i nobili che rendano pregio alla propria città sono sempre amati e benvisti.
I Valori
La
lunga dominazione degli
Uomini del Mare ha reso i Coronensi un popolo che riconosce come valori l’onore, il valore in battaglia e la forza, fisica come morale, ma la reticenza alla novità ed al diverso proprio della cultura dei
Principati da
Valleterna ad
Altabrina fu moderata dai frequenti contatti con i duttili e filosofici
Uomini della Sabbia, e, soprattutto, dai pochi ma significativi anni in cui il
Difensore degli Uomini sedette sul Trono del Sole. Alessandro viene annoverato nella memoria collettiva coronense come il più grande Re che Dimora abbia mai ospitato e la nobiltà che dai
Secoli Bui in avanti ha guidato il Principato ha sempre preso a modello il saggio e carismatico condottiero merida. Il decoro, l’eleganza ed il gusto per il bello nella cultura coronense è un equilibrato connubio tra l’eccesso tipico dei
Venali e la cortese cerimoniosità dei
Valniani; ne consegue che a Corona del Re la ricchezza di un plebeo guadagnata con l’astuzia ed il coraggio viene stimata ed ammirata, così come la solida prosperità di un nobile che ha ereditato terre e beni per diritto di nascita. Le disparità sociali stabiliscono soltanto la diversità con cui ci si diverte e si appare, per cui a Corona del Re esistono taverne, case da gioco e bordelli alla portata di qualunque ceto, dall’artigiano al
Principe.
I Tornei
I tornei sono estremamente popolari ed apprezzati, e si tengono sovente sia in concomitanza di giorni di festa che in occasione di cerimonie di carattere religioso e sociale come
matrimoni e battesimi. Mentre per i nobili i tornei sono episodi mondani per divertirsi ma anche per mettersi in mostra ed entrare nelle grazie del Re o stringere alleanze familiari, per i plebei questi avvenimenti si condiscono di elementi quali scommesse, spettacoli di musici, commedianti e giullari provenienti da terre lontane.
Cucina e Caccia
Il buon cibo è considerato, più che in ogni altro Principato, elemento di differenziazione sociale, la produzione locale è infatti vasta e varia e comprende carne, pesce, frutta, ortaggi e preparazioni a base di cereali e legumi come pani, polente e zuppe.
Anche per un Coronense di scarse possibilità economiche la varietà del proprio desco è importante, e solo i mendicanti e i poveri che sopravvivono alle spalle delle grandi città e in particolare di Dimora soffrono realmente la fame. Tutti coloro che se lo possono permettere amano spendere una parte del proprio denaro per mangiare bene e concedersi qualche lusso culinario ogni tanto, magari qualche merce esotica proveniente da Principati lontani. Ma il ruolo di maggior rilievo nei banchetti coronensi lo ha la selvaggina, che abbonda nelle selve del Principato ma che è riservata alle tavole degli uomini nobili o molto potenti. La
caccia è infatti un’attività riservata a pochi privilegiati, o alla mercè dei bracconieri, e il permesso di cacciare viene concesso soltanto a nobili, Cavalieri di ferro o uomini che si siano distinti nel servizio del Principato o di una delle sue Baronie. Non è raro che un
guardiacaccia anziano, un mastro
alchimista di rara bravura, un
sacerdote della Tetrade molto popolare o un mercante di grande ricchezza ottenga tale onore e possa partecipare, durante i giorni di festa alle cacce indette da Principi e Baroni. Diverso è invece il ruolo della caccia “alla preda”, ovvero la consuetudine di fare battute per stanare creature magiche e pericolose per collezionare trofei o, più frequentemente, per ottenere
rare sostanze vendute a buon prezzo nei mercati cittadini o direttamente all’Ordine degli Alchimisti di Corte per la preparazione di
filtri e Veleni . Tale attività è naturalmente libera e di solito appannaggio di avventurieri coraggiosi e senza scrupoli, pronti a prendersi grandi rischi in cambio di cospicui guadagni; non è infrequente che anche i nobili indicano, ogni, tanto, delle battute di caccia “alla preda”.
Vestiario
Il vestiario è forte indice della condizione sociale di un uomo e della propria famiglia, nei borghi chi possegga più di uno o due abiti è considerato un privilegiato, e le stesse lane su cui vengono tagliati gli abiti più semplici sono beni preziosi. Sfoggiare, dunque, pellicce nei rigidi inverni e lini o sete nelle miti estati è sempre sinonimo di lusso e ricchezza, ed infatti a
Litoranèa e
Dimora sono numerose e rinomate le botteghe di sarti che confezionano abiti con stoffe meride. Tra i nobili è molto popolare anche indossare gioielli e, per i Cavalieri, possedere una panoplia di fattura
valniana o
brumiana è indice di gusto e ricchezza.