Agamennone delle bande rosse
Ambizioso capitano di ventura merida, Agamennone raggiunse una certa notorietà per le vittorie riportate a favore di
Aureliano dei Gastaldi nella
Seconda Guerra dei Tre Re e, non pago di aver ottenuto un cavalierato, cercò di conquistare progressivamente il potere nella provincia di
Irradia. Braccato, sfuggì alla morte grazie a un misterioso sortilegio e si tramutò in un abominio, un nemico pubblico che fu sconfitto solo dopo lunghi mesi di scontri e inseguimenti.
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Agamennone, quando era ancora umano |
Meridia
Uomo della Sabbia
Guerriero della sabbia
Plebeo di nascita venne investito del titolo di Cavaliere da Aureliano dei Gastaldi.
Storia personale
La strana storia di Gilio Agamennone ebbe inizio durante la
Seconda Guerra dei Tre Re, quando alla guida di una piccola compagnia mercenaria nota come le Bande Rosse si distinse sul campo di battaglia tanto da strappare a Re
Aureliano e i suoi consiglieri di guerra un titolo di cavaliere. Nei successivi mesi di pace Sua Maestà stabilì che Ser Agamennone avrebbe sciolto le Bande Rosse e amministrato le campagne a nord di
Irradia, lungo il confine con
Lisandria, pagando però i tributi agli Arconti Themelioni. Non passò molto tempo che Agamennone mostrò evidenti mire nei confronti dell’intera Irradia, ingaggiando numerose scaramucce con la
corte ristretta del Principe
Temistocle degli Alessandridi al fine di ottenere un matrimonio di interesse e nobilitare maggiormente il proprio nome. Nel corso dell’intero 1259 in molti affermarono di aver colpito a morte Agamennone, o di averlo imprigionato, ma il cavaliere sembrava sempre salvarsi per il rotto della cuffia, fuggire e riapparire incolume, nonostante i segni di molte ferite fossero evidenti sul viso via via più deturpato. Alla luce dei fatti che seguirono, i molti uomini che si dichiararono uccisori di Agamennone non avevano mentito, il cavaliere aveva trovato un modo per ingannare la morte, secondo alcuni grazie all’aiuto di un misterioso quanto potente stregone.
Quando nel mese di Sferzato, le corti ristrette dei principati si radunarono nei pressi della cittadina di
Bassorivo per catturare i fuorilegge che avevano congiurato ai danni di Sua Maestà, nessuno si aspettava che Agamennone delle Bande Rosse si facesse vivo nelle lontane terre di
Altabrina, né tantomeno che il Custode della Luce,
Piramo d’Ambra, lo accompagnasse e combattesse al suo fianco. Anche coloro che ancora nutrivano dubbi sulla natura del misterioso Agamennone videro con i propri occhi il viso spettrale e non più vivo sotto l’elmo del cavaliere, subirono la sua inarrestabile furia e i letali colpi della sua ascia; infine, assistettero inermi al rapimento di due cavalieri, Ser
Sesto Corvino degli Onorati di Venalia e Ser
Aristeo Ariele di Meridia, trascinati via a forza dagli sgherri di Agamennone. Qualunque cosa fosse diventato Agamennone, era ormai chiaro a tutti che non aveva più nulla di umano.
In seguito alla fuga di Agamennone, Piramo d’Ambra, e i due cavalieri catturati dalle terre di Altabrina, ad Irradia si attendeva il ritorno dello spettrale cavaliere, che però nella città degli Arconti
Themelioni non giunse mai. Mandò invece due dei suoi uomini in ambasceria ad
Ambra, che si presentarono durante il banchetto di compleanno della Maestra Alchimista Sofia, a cui erano intervenuti molti nobili meridi e stranieri oltre alle corti ristrette di ogni principato. In una lettera consegnata al Principe Temistocle ma indirizzata all'allora Primo Cavaliere del Regno Ser
Tancredi Roncaglia, Piramo d’Ambra annunciava che avrebbe ucciso Ser Sesto di Venalia e Ser Aristeo di Meridia qualora non fossero accontentate le folli richieste di Agamennone. Sua Maestà avrebbe dovuto porre una cospicua taglia sul traditore del regno Aristarco degli Alessandridi, affinché fosse giustiziato a vista, e sollevare il Principe Temistocle dal governo di Meridia per porvi l’Arconte
Crisostomi di Ambra. Vendicarsi degli Alessandridi era stato lo scopo di Agamennone fin dall’inizio, e la mano mozzata del povero Ser Sesto Corvino degli Onorati accompagnava il messaggio per chiarire senza ombra di dubbio la serietà delle minacce contenute nella missiva.
Ser Tancredi non si fece intimidire dalla missiva e, scoperto il nascondiglio dei due, offrì un cavalierato ed il privilegio di amministrare i i territori a nord di Irradia in qualità di vassallo della famiglia Themelioni a colui che avrebbe ucciso l'abominio.
Agamennone morì per l'ultima volta nelle campagne a sud di Lisandria colpito da una freccia del barone
Cappuccio Aloisi.
Dicono di lui
Scopi giusti, metodi decisamente errati
[1]
- ^ Ser Augusto Galileo Laurenti, Gran Camerlengo