Guerra Ashai a Valleterna
Monfiore,
Valleterna
Brumaio 1260
Descrizione
Nel cuore di Valleterna le cose erano cambiate. Se ne accorsero tutti. I Sestesi erano tornati al potere, il Vescovo Canuto, come ormai lo chiamavano tutti, agitava con foga il suo bastone percorrendo le magre e le grasse con la sua andatura zoppicante, sbraitando e dettando ordini per la difesa della città. I brumiani erano, di nuovo, tornati a difendere Vesta, dal che dedussero in molti che a casa loro di città non doveva esserne rimasta nessuna.
Quando sulla strada di Monfiore cominciarono a intravedersi gli stendardi degli ashai, i più devoti raccomandarono l’anima agli Dei. Nessuno aveva mai creduto che potessero esistere tante lucertole al mondo e armigeri e contadini si chiesero da dove mai potessero essere spuntate.
Non ci fu tempo per porsi tante domande comunque, c’era da parecchio da fare. Vesta è una grande città e le sue mura sono estese, ogni anno si formano centinaia di crepe e non era proprio il caso che con tante lucertole lì attorno qualche muro cedesse.
Gli ashai cinsero la città d’assedio. Non sembrava che avessero molta fretta. Probabilmente si erano accorti che Vesta era una noce dura da rompere e che ci sarebbe voluto molto tempo per espugnarla.
Ma il tempo, per una volta, arrise agli uomini. All’alba del primo giorno di Brumaio le ordinate schiere di due Vescovi giunsero in soccorso della città assediata. Il vecchio e tenace Goffredo Dulcamara, Signore di Porta Scirocco, diresse l’assalto comodamente assiso su di un baldacchino. Accanto a lui osservava attento il Vescovo Fausto Vermigliani, lo sguardo vigile e rapace, ansioso di eguagliare e superare la fama del defunto zio.
Numerose e agguerrite parevano le truppe ashai, ma gli uomini lo erano altrettanto e li incalzarono presto su due fronti, quando brumiani e paladini di Castrum Fidei uscirono a dar manforte alle armate dell’est. Più volte le lucertole si raggrupparono nel tentativo di resistere, ma per la sera l’assedio era spezzato. Gli ashai si ritirarono verso occidente, incalzati passo a passo dalle forze congiunte di tre Principati. Entrambe le schiere, esauste, arrestarono la loro corsa sullo Scarlatto. Gli uomini attestati tra le rovine di Monfiore, gli ashai sull’altra sponda a leccarsi le ferite.
Tre vescovi e un Duca festeggiarono la vittoria con i migliori vini di Valleterna, poi li raggiunse un brinnico. Cosa ci facesse lì un figlio della brina, per giunta evidentemente un pirata, se lo chiesero tutti nell’accampamento. Il Gargiaro, per nulla intimidito da quei quattro Gran Signori, sputò in fretta quel che aveva da raccontare. Lui e i suoi compagni, al comando dell’Alfiere Ventofiero, avevano inseguito un’imponente flotta ashai nel golfo grande. Gli ordini erano di assalirla con l’aiuto di una flotta coronense oppure qualora fossero scesi a terra. Infatti gli ashai erano sbarcati, ad est di Albaridia. I Gargiari li avevano incalzati, lasciando le navi sulla costa, le lucertole si muovevano in fretta, puntando diritti verso il Riotorto. Gli ashai non avevano avuto difficoltà a passare il fiume, e avevano lasciato una guarnigione ad impedirgli l’inseguimento. Sulle rive del fiume si era svolta una battaglia feroce e alfine gli ashai erano stati sopraffatti. Il grosso degli invasori però aveva proseguito verso sud, nel cuore di Corona del Re. Non si era arrestato allora, il prode Ventofiero, bensì tre giorni dopo, quando, giunto sotto le mura di Roccamagna, vi trovò issato il simbolo del serpente e fu accolto a frecce e pietre.
Si spezzò in quell’attimo il calice nella mano del Vescovo Vermigliani, come a sottolineare la gravità di quelle parole. Due cose aveva capito il savio prelato: la prima che aveva perduto la sua città, la seconda che la via per Dimora era ormai chiusa.
Personaggi Coinvolti
Goffredo Dulcamara,
Fausto Vermigliani,
Ventofiero del Clan del Falco