Giustizia e Legge

Nelle Terre Spezzate la giustizia è una faccenda largamente arbitraria, a volte brutale, e fortemente basata sull'autorevolezza dei soggetti coinvolti, per cui si tende a dar ragione alla persona di maggior rango o miglior reputazione.
Non vi è dunque nulla di simile a una "presunzione di innocenza", in base a cui un accusato non sarebbe colpevole fino a prova contraria. Per guadagnare una buona dose di bastonate a un contadino, è spesso più che sufficiente un moto di stizza di un barone ("quel bifolco mi ha mancato di rispetto...").
Certo, chi amministra la giustizia, che di norma è il signore del luogo o un cavaliere suo delegato, suole ascoltare le parti e valutare "prove" e "indizi" che venissero presentati, ma ciò che più conta alla fin fine è la credibilità dell'accusatore, del difensore e dei testimoni. Ad esempio chi giudica crederà più facilmente che il ladro sia un
cacciatore plebeo piuttosto che un rispettato
mercante investito di
autorità formale. La condizione sociale della vittima e dell'accusato sono dunque determinanti (
vedi anche: Delitti e punizioni e Privilegi nobiliari).
Qualunque uomo di una certa cultura, trovandosi spettatore di questo sistema, non tarderà a concludere che il più delle volte lo scopo del giudicante non è trovare "il" colpevole perchè giustizia sia fatta, ma trovare "un" colpevole e punirlo in modo esemplare perchè sia un deterrente "alle altre canaglie come lui".
Chi giudica non si sente limitato dalla procedura, né dal significato letterale delle leggi, ma ne interpreterà invece lo spirito. Sperabilmente agirà con buon senso e arguzia, ma sta di fatto che non esiste separazione tra il potere di giudicare e quello di eseguire la condanna. Quasi sempre il nobile che giudica non è un arbitro imparziale, ma un padre severo, o nel caso peggiore un tiranno.
Tra parentesi, di certo non sarà ben disposto verso chi lo disturba con accuse poco importanti o addirittura artefatte.

Vale inoltre la pena di notare che il sistema raramente si applica alle dispute che sorgono tra i membri delle
corti dei principi (scambi di accuse che sfociano nell'ingiuria, "requisizioni di beni", vere e proprie risse...) la maggior parte dei dissidi tra cortigiani ricadono in sostanza nella
Politica tra i Principati (non senza logica: il "signore del luogo" nel caso sarebbe il Re, che non ama certo immischiarsi negli scorni tra gli uomini dei suoi vassalli, a meno che i fatti non siano davvero gravi).
Quindi un cortigiano che viene aggredito e derubato farà bene a non andare a lamentarsi dal suo
Principe, bensì a organizzarsi con i suoi compagni per rendere la pariglia ai colpevoli. Gli converrà, però, stare attento a non uccidere nessuno: in caso di omicidio, la severissima
Giustizia del Re è pronta ad entrare in azione...