Venti di guerra, Nevoso 1261

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Data
quarto giorno della prima decade di Nevoso 1261

Descrizione

Passano i mesi, e le nobili corti delle Terre Spezzate tacciono, come se il regno procedesse il suo cammino senza novità o incertezze, ma nelle taverne e nelle piazze continuano a girare voci preoccupanti sul futuro delle Terre Spezzate, che si profila ogni giorno più ambiguo.

Diverse dicerie giungono dalle terre di Neenuvar, dove il satiro noto come "Principe" Mantodineve è stato visto viaggiare verso nord, alla volta di Castelbruma, accompagnato dai neri armigeri di Alarico d'Urso. Lungo le pendici del Fanyati i guardiavia giurano che siano radunate non meno di seicento bestie che aspettano gli ordini del loro ferale signore.

E proprio i boschi intorno al monte Fanyati sono finalmente tornati sotto il controllo del capoclan Lupo della Luna. Alcuni pitti, si dice guidati dal fratello del capoclan, provati dalla fame e dagli stenti, si erano infatti dati al brigantaggio minacciando di ribellarsi all'autorità dei nobili neenuvaren. Catturato il fratello infedele, la pace è tornata infine nelle foreste intorno al Fanyati.

A Vigezia alcuni bordelli del porto sono stati devastati e dati alle fiamme. Tutti sostengono che sia colpa degli equipaggi giunti sui venti vascelli senza bandiera approdate poco più di un mese fa, e che il caos si sia scatenato alla notizia che Diomede il fortunato era stato assassinato. Alcuni dei riottosi marinai sono stati arrestati, ma la gran parte è ripartita senza lasciare traccia, verso lidi ignoti.

Si fa poi ancora un gran parlare del matrimonio di Caterina Gotardo di Approdo, forse il più rapido nella storia delle Terre Spezzate. Certamente è saputo che domare una duchessa brumiana non è impresa da poco, ma a quanto si maligna pare sia stato il Duca Clodoveo Gotardo in persona a scacciare dalla propria terra, e dal letto di sua figlia, il novello sposo e i suoi quattrocento arcieri. Certo, commentano i più, sarà difficile tornare alle abitudini plebee dopo aver vissuto qualche mese da duca.

A Valleterna, nelle terre del Vestese che circondano la bella città del Principe Edoardo, si ingrossano le fila dei briganti, sorprendentemente ben armati, guidati da una misteriosa figura che si fa chiamare "Il Giusto". Aiutati dal popolo che offre loro aiuto e rifugio, ormai non solo le campagne, ma anche le strade della città di Vesta stanno sfuggendo all'ordine imposto dai paladini del Magnifico. Tante sono le voci che, sconsolate, richiamano alla memoria i tempi nefasti in cui l’eretico Brandilione mise a ferro e fuoco le terre dei Castamanti.

A Dimora, capitale del regno, labirintica e gigantesca, quasi un principato a se stante se si da retta agli orgogliosi abitanti, pettegolezzi e voci si rincorrono più che altrove e a quanto pare si fa un gran parlare del Principe Temistocle degli Alessandridi. Solo poche guardie cittadine, ancora fedeli al Reggente Ser Tancredi e nostalgiche dei tempi del compianto Aureliano, continuano a parlar male del principe merida, ma nei mercati e nelle botteghe, persino nelle guarnigioni alle porte della città si cantano le lodi del virtuoso Temistocle. A Dimora non è infatti un mistero che durante l'assenza di Ser Tancredi molti capitani della vecchia guardia siano stati rimpiazzati da uomini critici verso il cavaliere Roncaglia. In molti malignano che Saverio Vignalba si fosse occupato poco degli affari della città e che il compito di amministrare Dimora fosse stato affidato dal Re ad un uomo di sua fiducia, qualcuno in grado di tenere sotto controllo gli armati, i potenti e ricchi artigiani e persino le compagini criminali della città.

Il popolino commenta e spettegola, per poi tornare alle sue dure mansioni con una scrollata di spalle. Che cambi tutto o che non cambi niente, il vecchio proverbio è sempre buono: "Nessuno è certo del proprio futuro nelle Terre Spezzate".

Personaggi Coinvolti

Tancredi Roncaglia
Alarico D'Urso
Mantodineve