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Ambientazione

Le Terre Spezzate sono un Regno medioevale a carattere feudale, in cui sono le spade a plasmare il destino degli uomini e in cui la magia e la fede sono forze reali e tangibili. Con l'eccezione di poche grandi città, il territorio è scarsamente popolato e varie creature d’aspetto mostruoso infestano le zone selvagge e minacciano le campagne. I cavalli si sono invece estinti secoli fa in seguito ad una terribile pestilenza e i trasporti avvengono dunque a piedi, per nave o tramite carri trainati da asini e buoi. 

Un fragile Regno, sull'orlo della guerra

• il Baluardo: un tranquillo castello di campagna
• Religione: il culto della Tetrade
• La magia
• Mappa delle terre

Castelbruma: i fieri guerrieri del nord

• Venalia, terra di mercanti e navigatori

• Razze e popoli
• I niviani, il popolo in viaggio
• I ferali bruti


Sua Maestà il Re

L'attuale Re delle Terre Spezzate è Sua Maestà Edoardo dei Castamanti. Il sovrano in teoria domina su tutte le terre, ma il suo regno è giovane e i suoi vassalli ambiziosi, talvolta addirittura ostili poiché piegati con la forza. La fedeltà è merce rara e lotte di potere tra baroni o forse vere e proprie guerre sono alle porte.

 

Il Baluardo di Roccamagna

In un paese in cui il padrone ed i servi fanno una sola famiglia, la sorte dell'uno dipende da quella degli altri.

La storia de La fortezza dei vinti è ambientata in un fortilizio situato tra la città di Roccamagna e la potente capitale del regno. Il piccolo castello di campagna si erge a protezione dei contadini e vigila sulla Strada del Re, la via principale che  percorre il regno da nord a sud garantendo viaggi, commerci e rifornimenti. 

Tra le possenti mura di Roccamagna vive il Barone e Vescovo Fausto Vermigliani, ultimo di una nobile stirpe che da secoli governa con severità e giustizia la città. Le campagne circostanti e i confini sono invece amministrati da nobili minori della sua casata e dai cavalieri loro vassalli, alloggiati in piccoli fortilizi o baluardi. 

Talvolta le storie più straordinarie si svolgono in luoghi all’apparenza ordinari, come il Baluardo di Roccamagna, un castello rurale abitato dal nobile Anselmo Vermigliani, i suoi familiari e una vasta corte di artigiani e servi

Il Baluardo è un tipico fortilizio di campagna, in cui tutti si conoscono e i rapporti tra la plebe ed i signori sono di stampo feudale, ma con la familiarità tipica di una piccola comunità isolata. La vita del popolino scorre lenta nei ritmi dell'agricoltura e i nobili si occupano del governo del territorio e dell'amministrazione della Giustizia. I fasti delle grandi corti qui sono lontani, ma non di meno la ricchezza della casata dei Vermigliani e i frequenti viaggiatori che chiedono ospitalità rendono il Baluardo un luogo aduso a qualche lusso e ai costumi stranieri. Talvolta risuona nelle sale l’allegria di musici o giullari, o nei cortili riposano esotici mercanti del sud, pellegrini e stranieri di ogni sorta. 

Gli abitanti del Baluardo sono gente semplice e concreta, giustamente timorata degli Dèi, magari divisa al proprio interno da dispute, contese o antichi rancori, ma coesa nel far fronte alle minacce esterne. Tra i popolani ciascuno ha il suo ruolo e viene aiutato dalla propria famiglia o da un apprendista. Il fornaio, il fabbro, il guardiacaccia, il falegname e il mastro birraio, ad esempio, sono incarichi di responsabilità che mandano effettivamente avanti il castello. I nobili signori, fratelli di Anselmo e loro consorti, sono attorniati da damigelle, cavalieri, ma anche scudieri, precettori e sacerdoti. La gente del Baluardo costituisce in fondo una grande e variegata “famiglia” e in quanto tale non le mancano conflitti, invidie, amori e, naturalmente, segreti.

 

La Religione

Le Terre Spezzate seguono il Culto Tetradico, rivelato secoli or sono dal Profeta Castamante. I Quattro Dèi della Tetrade regolano le leggi del mondo e degli uomini ed offrono ai fedeli, tramite le predicazioni dei sacerdoti, una vita equilibrata e giusta che conduce alla gloria imperitura. Il Culto della Tetrade riconosce e venera quattro divinità ma un solo principio: la temperanza degli eccessi (personificati da Laetitia ed Aeterna) e la ricerca della Via Virtuosa, ovvero il percorso di vita che si compie con il corpo materiale (Canuto) per giungere al corpo spirituale (Sidèreo) .

In ogni castello o seguito nobiliare sono presenti preti o vicari dell’Ecclesia Tetradica, inoltre i grandi avvenimenti sociali ed i riti di passaggio nella vita di un uomo sono sempre accompagnati da cerimonie religiose.

 

La Magia

Tutti sanno che la magia è una forza reale, ma sono pochi e rari coloro che sanno dominarla. Tra le genti del Baluardo e i Brumiani i maghi sono rari, giacché le uniche scuole di magia si trovano nel Sud delle Terre Spezzate, fra tutte la scuola de La Spina, a Venalia, che insegna ai suoi selezionati allievi l’Arte di piegare le menti altrui e lo stesso mondo materiale attraverso l’esercizio del Volere.  

 

 

Castelbruma: i fieri guerrieri del nord

Chi ha l'armi in mano, è padrone d'ogni cosa.

A Nord, tra inospitali montagne e fitte foreste, vivono i guerrieri più temuti del regno, pesantemente corazzati, severi ed implacabili. Le terre di Castelbruma sono sempre avvolte dalla nebbia che dà nome alla regione, minacciosa e mistica secondo le leggende. A Castelbruma si mischiano infatti alla fede nella Tetrade antiche superstizioni e tradizioni legate al rispetto degli antenati, diffuse tanto presso il volgo che tra i Signori.

In una terra avida di frutti ma prodiga di pericoli, la sopravvivenza è assicurata solo dal duro lavoro e dal senso del dovere. A ciascuno il suo compito: chi coltiva, chi spacca la pietra, chi protegge i confini dagli stranieri e le rocche da bestie feroci e briganti. I brumiani sono caparbi, aggressivi, orgogliosi, un popolo forte e coeso, indurito da secoli di avversità e dalla necessità di sopravvivere ad una natura ostile. A Castelbruma la gente può essere dura, aggressiva e chiusa, ma nessuno mancherà mai di svolgere i propri compiti, si tirerà indietro di fronte alla difficoltà o alla parola data. Allo stesso modo l'ospitalità è un valore sacro per i brumiani, perchè in certe notti restare all’addiaccio può significare morte certa. E' invece disprezzato chi non si procura il pane con il duro lavoro, non usa le proprie mani per produrre o per combattere o peggio presta danari ad interesse. Per questo a Castelbruma i mercanti non sono visti di buon occhio.

I vassalli del Principe, Alarico d'Urso, sono i Duchi e i loro cavalieri, sempre pronti a scendere in guerra come un unico letale esercito di invasione. Le terre straniere che circondano le desolate contrade brumiane sono fertili e prospere; tradizionalmente la razzia, la conquista, la sottomissione di campagne, città o interi territori, sono il modo in cui i brumiani si arricchiscono. Tra nobili signori, cavalieri e soldati, è quindi piuttosto radicato il desiderio mai domo di conquistare e di affermare, una volta per tutte, la supremazia militare di Castelbruma. L’esercito brumiano si compone di soldati ben addestrati, feroci ma disciplinati, guidati dal senso del dovere e dal rispetto della gerarchia.

Le genti brumiane tendono a vivere nel passato, perché il presente è troppo duro, troppo amaro, per essere tollerato. Culturalmente sono un popolo conservatore, chiuso, superstizioso, pessimista e razzista. Non v’è la prospettiva di costruire un futuro migliore, di volgere la fortuna a proprio vantaggio, di cambiare le cose; è invece forte e radicato il desiderio di conservare e ritrovare glorie perdute, il cui ricordo si trasfigura in valori condivisi e incontestabili. 

 

Venalia: terra di mercanti e navigatori

Homo faber fortunae suae. 

Terra ricca e raffinata, Venalia si considera il faro della civiltà e basa la propria opulenza su imponenti traffici commerciali e una potente flotta navale. Le corti di Venalia sono sfarzose e spesso teatro di intrighi in cui il sotterfugio è  l’arma più affilata. Amanti del denaro, del sollazzo e dei piaceri della carne, organizzano spesso grandi  feste in cui la nobilità ed il volgo, celati da maschere di colori vivaci, si fondono senza distinzioni di ceto. La maschera, secondo alcuni, è infatti la vera essenza di questo popolo, perché mascherati gli uomini sono uguali e non conta più il loro nome, ma l'abilità e la fortuna. 

Le classi sociali a Venalia sono meno rigide che altrove ed è comune che mercanti ricchi e potenti o maghi di una certa fama vengano ammessi a Corte e possano guadagnarsi ruoli di eccezionale prestigio e persino titoli nobiliari. Chi si può permettere di viaggiare per diletto o per affari gode di rispetto e prestigio, il ceto basso è associato all’immobilismo; solo il popolino, i contadini e i pezzenti rimangono legati alla terra o alle vie di una città per tutta la vita. 

Il lavoro, ma soprattutto il guadagno, sono valori molto forti che rendono i Venali un popolo in continuo movimento, produttivo e vivace. Il mercante è una professione rispettabile ed ambita, oltre che necessaria. L’audacia di un uomo si misura nella sua capacità di rischiare, scommettere, osare. Lo stesso prestito ad usura è considerato un utile mezzo per permettere a tutti di migliorare la propria condizione, o almeno provarci. Venalia è una terra di opportunità per tutti dove ognuno può riuscire, ma non si perdona chi fallisce; andrà ad ingrossare la nutrita schiera di mendicanti, tagliaborse e puttane che affollano le città. I Venali, che siano ricchi o pezzenti, nobili o plebei, sono individualisti e rapaci, eppure mossi da un incrollabile ottimismo, in se stessi come nella possibilità che la fortuna possa cambiare.

Dagli stranieri, specie nel nord, I Venali vengono tipicamente considerati avidi, opportunisti, bugiardi, cinici e disonorevoli, ma raramente considerano un insulto questi appellativi. L' “Onore” è un vuoto rituale, solo una parola usata per giustificare ferocia e barbarie. Cultura e raffinatezza sono le vere virtù, cio che separa gli uomini dalle bestie. Un Venale tiene molto al garbo, all'etichetta ed alla cortesia, nondimeno è pragmatico e sa che sono i fatti a parlare più e meglio delle parole, che il fine giustifica sempre ogni mezzo e che l'avidità degli uomini fa girare il mondo. Non c’è vergogna nella ricchezza o nel lusso, giusta ricompensa per ambizione, astuzia e forza di volontà. E’ raro che un venale ammetta di essere un bugiardo, ma l'inganno è un espediente da uomini dotti e intelligenti quanto il randello si confà ai bifolchi: entrambi sono efficaci ma generano racore in chi li subisce. Così è la vita, ma c'è sempre tempo per pareggiare i conti: "la vendetta è un piatto da servire freddo".

 

Razze e popoli

Nelle Terre Spezzate coabitano diverse razze con caratteristiche e tradizioni proprie, ma la storia de La fortezza dei vinti ne vede coinvolte solo tre. Gli uomini, i Niviani e i Bruti

Gli uomini sono la razza più numerosa e diffusa sia tra i brumiani sia tra i venali, così come in quasi tutti i feudi delle Terre Spezzate ove coesistono pacificamente con le altre razze. I Niviani vivono soprattutto a Venalia e nel sud, ma ne esiste un’attiva comunità anche al Baluardo e nelle terre circostanti. I Bruti, invece, ingrossano le schiere dei guerrieri brumiani, e lo stesso Principe di Castelbruma attualmente è un Bruto; nessuno di essi vive nel Baluardo di Roccamagna. Tutte le razze sono interfertili tra loro e i matrimoni misti sono comuni tra nobili e plebei. Non esistono tuttavia i mezzosangue, poiché un nascituro eredita sempre i tratti razziali di sua madre.

 

I niviani, il popolo in viaggio

Gli Dei amano i poveri, ma aiutano i ricchi.

I Niviani circa nove secoli addietro e sbarcarono nelle terre di Venalia, Il “popolo in viaggio”, come usavano chiamare se stessi, era composto da abili navigatori che subito affascinarono i curiosi uomini che abitavano quella regione. Non ricevettero però la stessa calorosa accoglienza da parte dei Brumiani, che allora regnavano sulle Terre Spezzate. 

I niviani sono simili agli uomini, ma hanno una carnagione chiarissima, color latte, le loro labbra sono scure, livide, come pure il contorno dei loro occhi. Sono inoltre di costituzione più debole rispetto agli umani. L’aspetto vagamente spettrale inquietò i superstiziosi nordici, che temevano la magia degli stranieri e ne disprezzavano i modi e la debolezza fisica. Fu così che i “Pallidi” furono perseguitati per secoli e solo grazie ad un insieme di abnegazione, astuzia e denaro riuscirono a farsi strada fino ad essere accettati e rispettati in tutte le Terre Spezzate.

I Niviani si considerano intellettualmente superiori alle altre razze, amano l’intrigo, l’astuzia, il lusso ed il denaro, che considerano misura dell’importanza di un individuo, più della nobiltà. Sono laboriosi e amanti del viaggio e delle culture diverse dalla propria, che studiano con passione al fine di essere a proprio agio in ogni luogo. Non è un caso che molti dei più rinomati mercanti, navigatori, speziali, maghi  e cerusici del regno siano niviani.

Educati e garbati, raramente prevaricatori, è noto che ai Niviani piace ascoltare tutti, forse per individuarne i punti deboli; sono infatti maestri nel condurre con grazia le discussioni fino a far coincidere le opinioni altrui con le proprie. Nelle controversie disprezzano conflitti armati e duelli, preferiscono invece le conciliazioni in denaro. Considerano la guerra una fonte di opportunità e guadagno, purché venga combattuta da altri.

Forse per l’antica condizione di “popolo in viaggio” e perseguitato, i Niviani vengono educati ad essere solidali gli uni con gli altri. Per contrasto sono, invece, generalmente malvisti, soprattutto al Nord, dove le antiche superstizioni e un odio vecchio di secoli sono duri a morire. 

Dal canto loro i Niviani hanno una scarsa opinione degli uomini, teste calde che raramente imparano dai propri errori e sono soliti risolvere le dispute con la violenza. I Brumiani sono inoltre crudeli e ottusi, disprezzano e distruggono tutto ciò che non conoscono o non capiscono. Sono volgari e brutali nel vestire, nel mangiare, nello svagarsi, infantili e prevedibili ma tronfi di un retaggio antico quanto vuoto di valori. I Bruti sono invece considerati irrazionali e primitivi, poco più che bestie feroci. E’ pur vero tuttavia che le loro ferali capacità possono essere all’occorrenza comprate.

 

I ferali Bruti

Non domandare per grazia quello che puoi ottenere per forza.

Sensibilmente più forti rispetto a un essere umano della stessa stazza, i Bruti tendono a essere alti e ben piantati, il che, unito alla loro pelle coriacea color dell’argilla, li rende guerrieri temibili. Il tratto più riconoscibile è la protuberanza ossea al centro della fronte

Le leggende raccontano della ferocia dei Bruti sin dall’antichità più remota, quando vivevano di caccia, raccolta e migrazioni attraverso le regioni più selvagge delle Terre Spezzate. Fu il contatto con gli umani, molti secoli dopo, a civilizzare la razza Bruta.

Tuttavia, rimane qualcosa di ferale e primevo nella natura dei Bruti e delle Brute. Le Brute femmine sono più minute dei loro compagni, ma forti e aggressive più di molti maschi umani. Nella società bruta, maschi e femmine ricoprono gli stessi ruoli e praticano le stesse attività, dalla guerra alla cucina. Questo rende le Brute piuttosto... brutali per i canoni degli uomini delle Terre Spezzate, che d’altra parte sono lieti di avere armigere brute nelle loro schiere e duchesse brute che li guidano personalmente in battaglia.

Impulsivi, fieri e caparbi, i Bruti e le Brute giudicano le persone sulla base della prima impressione, non amano perdere tempo in chiacchiere e preferiscono l’azione, il che ha dato loro la reputazione di genti aggressive e rapaci. Pur non essendo per forza spietati né crudeli, essi tendono a rispettare il più forte e il più capace a disprezzare chi non sa far valere da solo le proprie ragioni.

I Bruti sono fieri e coraggiosi salvo che di fronte al sovrannaturale: la magia li inquieta e la superstizione permea la loro visione del mondo, spingendoli a ricorrere a vari gesti scaramantici per allontanare il malocchio, come sputare per terra o imprecare forte. Il popolo Bruto ama le persone chiare e dirette: un linguaggio forbito sortisce l’effetto di confonderli o farli arrabbiare. Poco versati per l’astrazione, di rado imparano a scrivere; sono tuttavia svegli e talvolta astuti..

Gli Uomini sono considerate creature un po’ viziate e gracili, prive della naturale tenacia e resistenza dei bruti, che pure hanno imparato a rispettare e apprezzare la loro indole predatoria e la disciplina militare, almeno per quanto riguarda i fieri guerrieri del nord con cui convivono. Diverso è il parere che i Bruti hanno dei Niviani. Questa razza è per loro un assoluto mistero, e, come a tutte le cose che non conoscono, attribuiscono ai “Pallidi” un che di magico e sovrannaturale. La loro carnagione cadaverica è senz’altro indice di malattia e si dice che stargli troppo accanto provochi la Rogna o peggio: porti sfortuna!