Società di Valleterna
Si dice che il popolo valniano abbia ereditato la fierezza dagli
Uomini del Mare, e appreso l'eleganza dagli
Elfi; si dice anche, ma a voce più bassa, che il valore di un Paladino valniano sia superato solo dalla sua vanità. Ormai il Dominio di Vesta ha avuto fine da più di cento anni, ma
Valleterna non ha smesso di considerarsi un modello di nobiltà morale e di sangue, modello che sorprendentemente gli altri Principati non sembrano avere intenzione di seguire. I Valniani, troppo abituati agli antichi fasti, vivono nel ricordo di una gloria passata, che ormai non esiste più e difficilmente ritornerà.
Forse è per questa nascosta insoddisfazione che l'orgoglio valniano si spinge talvolta fino alla superbia e all'intolleranza. In generale i Valniani non si fidano dei forestieri, mal sopportano le altre razze e considerano infedeli tutti coloro che non seguono
la Tetrade, nonostante siano costretti a tollerarne la presenza negli altri Principati per non infrangere la Pace del Re.
A Valleterna il Culto Tetradico non è solo questione di fede, ma anche di patriottismo: condividere gli stessi princìpi e le stesse cerimonie religiose è motivo di unità del Principato e di coesione per i suoi membri. In effetti, governo e religione sono una cosa sola: fin dai tempi di Castamante i padroni della terra sono stati anche guide spirituali e viceversa. I Baroni valniani con terre vengono chiamati Vescovi e i Cavalieri al loro servizio sono Paladini ispirati e sostenuti dal potere della fede. Il Principe Edoardo è anche Arcivescovo di Vesta, dotato di pieni poteri nella gestione dell'Ecclesia all'interno dei suoi domini in virtù di una licenza speciale del Tetrarca, che sostanzialmente concede al Principe diritti ecclesiastici pari a quelli nobiliari concessigli dal Re. Per la verità è noto che, mentre i rapporti tra Valleterna e
Corona del Re sono di cordiale vicinato, quelli tra gli ecclesiastici valniani e coronensi sono di reciproca indifferenza o addirittura di astio. Il Tetrarca e tutti coloro che appartengono “all'Ecclesia straniera” sono infatti considerati deboli e corrotti e i sacerdoti valniani agiscono in piena autonomia, rispondendo soltanto al Principe. L'identità tra stato e chiesa non deve far pensare che tutti i sacerdoti siano nobili, anzi, la maggior parte hanno sangue plebeo e non vengono per questo discriminati nella carriera ecclesiastica, salvo per l'impossibilità di raggiungere il rango vescovile, riservato ai nobili di nascita. I sacerdoti non nobili servono quindi come uomini di lettere e studiosi, o portano il credo Tetradico e l'aiuto di Sidèreo a chi ne ha più bisogno.
Non stupisce che nel “Granaio dei Re” sia fondamentale il ruolo della terra coltivata, il tesoro più prezioso dei Valniani. I nobili sono, e sono sempre stati, grandi proprietari terrieri e hanno fondato le loro ricchezze sul lavoro dei contadini, tradizionalmente considerati operosi e instancabili, nonché i più stimati tra tutti i plebei. Valleterna ha però superato la tradizionale diffidenza degli Uomini del Mare per i mercanti: chi commercia affronta con fatica viaggi pericolosi, per portare i frutti della terra o del lavoro altrui laddove servono agli uomini e va quindi riconosciuta la sua importanza e utilità. L'usura non è invece accettata sotto nessuna forma, anzi è sacrilega: l'usuraio senza lavorare lucra sullo scorrere del tempo, rubando qualcosa che appartiene unicamente agli dèi.
I nobili valniani sono sempre orgogliosi, talvolta al punto di essere attaccabrighe. Tra di essi le dispute territoriali e d'onore sono frequenti, e senza indugio vengono risolte con la guerra e il duello. La vendetta per torti passati, o la semplice ricerca della gloria per la propria casata, sono altri frequenti motivi di scontro. È importante notare, però, che questi conflitti pur essendo numerosi sono ristretti nel tempo e nello spazio: gli stessi Cavalieri che in primavera si affrontano sul campo di battaglia, l'inverno successivo mangeranno insieme allo stesso banchetto. Nessuno inoltre si sognerebbe di muovere guerra al Principe o di tradire i propri compatrioti e sono pochi anche i Cavalieri che si ribellano al proprio Vescovo. La maggior parte delle contese avviene tra i Cavalieri medesimi, che in questo modo si mettono in luce e si contendono il favore del Vescovo o del Principe.
Si farebbe torto alla nobiltà valniana non considerando le nobili e utili azioni che compie ogni giorno. Vescovi e Cavalieri da secoli proteggono il popolo dalle incursioni degli odiati Brumiani e di tutti gli altri barbari, che provengano da nord o da sud, oltre che dai molti pericoli celati nelle fitte foreste. Amministrano in modo severo ma quasi sempre equo la giustizia, sono riconoscenti verso chi gli è fedele e caritatevoli con chi ne ha più bisogno. Le magnificenti cattedrali e i numerosissimi templi che si trovano a Valleterna, ma anche gli ospedali e i lazzaretti, i canali che irrigano la Pianura Scarlatta e i moli del porto di Albaridia, sono il retaggio della generosa nobiltà che li ha fatti costruire durante i tempi d'oro del Dominio di Vesta. Anche oggi che simili fasti sono di più difficile realizzazione, i nobili sono solerti a mantenere le strade principali ben battute e libere da pericoli e in generale sono benvoluti presso buona parte della popolazione. I Valniani di qualunque censo sono consapevoli del loro ruolo nel disegno degli dèi e nella società, rispettano chi sta più in alto e sono orgogliosi di portare a termine il loro compito il meglio possibile.
Tutti i Valniani aspirano ad essere gentiluomini e la maggior parte si ritengono tali. È considerato un gentiluomo chi tiene alto il proprio onore e rispetta la parola data. L'onorabilità si valuta anche delle apparenze, che non bisogna sottovalutare. Il gentiluomo rispetta l'etichetta e si comporta sempre in modo appropriato, con educazione e raffinatezza; tutto ciò è per lui anche una forma d'arte e soprattutto un esercizio spirituale, che fortifica lo spirito e lo sorregge nel suo cammino verso Sidèreo. L'eleganza è quindi una virtù da coltivare come il coraggio o la devozione, e da pretendere in un consesso di gentiluomini. I Valniani sono molto cerimoniosi e sempre attenti a presentarsi o rivolgersi a ciascuno con l'appellativo o il titolo esatto, in conformità al suo lignaggio ed esigono la stessa accortezza da parte degli altri. Nel dubbio, meglio tacere che compiere una scortesia.
Che si tratti di un banchetto o di un comune pranzo, i Valniani attribuiscono grande importanza ai pasti, poiché vi si può apprezzare sia la piacevole compagnia di parenti e ospiti, sia il buon cibo e il buon vino. Conoscere la buona cucina è quasi un dovere morale per i Valniani, che vi si applicano con entusiasmo non appena se lo possono permettere. Un pasto di un certo livello viene servito in maniera quasi rituale, rispettando la corretta sequenza delle pietanze e ricercando una buona alternanza di sapori, nonché un vino appropriato ad ogni portata. Su questo punto i Valniani sono molto esigenti, ma non di strette vedute, e non disdegnano sapori e pietanze stranieri, se sono stati cucinati ad arte. Un gentiluomo, così come apprezza con orgoglio i tipici frutti della sua terra, lodandone la superiorità, sarà lieto di far sfoggio ai suoi ospiti di costose spezie esotiche, e del
Nessun banchetto è tanto grandioso quanto quelli che si tengono ogni anno durante il Torneo della Rosa, anzi, tutti i tornei importanti sono anche occasione di banchetti per i nobili e feste sfrenate per il popolo. I Valniani naturalmente apprezzano moltissimo i tornei e ne svolgono di continuo, in tutte le città, e quindi nei villaggi, finché si trovano armi e combattenti. Probabilmente ogni anno si svolgono più tornei nella sola Valleterna che in tutto il resto delle Terre Spezzate. In questi raduni festosi contendenti da ogni dove possono far mostra di coraggio e abilità e il popolino può godere delle abbondanti briciole dei banchetti. Anche durante la celebrazione della Gazzarra e della festa dei folli solitamente si svolgono tornei, in modo da giustificare agli occhi degli dèi e del clero la baldoria e gli eccessi tipici di questi festeggiamenti, che altrimenti mal si sposerebbero con l'etica valniana.