Storia dei Principati

Nel corso dei secoli i confini delle Terre Spezzate sono stati delineati da invasioni e guerre, ma anche da unioni di popoli e stirpi che hanno imparato a convivere pacificamente dando vita a nuove culture.

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Storia di Castelbruma

In tempi ormai dimenticati la regione era abitata da tribù di Bruti, che vivevano ad uno stato semibestiale molto simile agli Orchi odierni, gli Elfi li tenevano infatti lontani dalle zone più miti e temperate delle Terre Spezzate di cui si consideravano Re. Quando però i Re della Primavera accolsero i Pitti nei propri territori e fecero loro dono dei vasti boschi di Castelbruma, il popolo dagli occhi dipinti riuscì ad integrarsi perfettamente con i natii Bruti, aumentando anche il loro livello di civiltà e fondando i comuni caratteri religiosi dell'antico culto che ancora accomuna questi due popoli. Questa integrazione s'incrinò quando giunse il Popolo del Mare, mentre i Pitti opposero loro una fiera ma vana resistenza i cui pochi superstiti si rifugiarono nelle gelide distese di Altabrina, molti Bruti assecondarono la propria naturale ferocia e si unirono alle schiere degli invasori nella marcia verso sud. Altri rimasero invece con i Pitti, e li seguirono nel nord.

L'arrivo del Popolo del Mare segnò l'inizio della civiltà per il Principato, gli Elfi vi avevano infatti fondato una sola città alla foce del Silente, splendida e solitaria stella del nord. Gli Uomini del Mare prima occuparono la parte ovest del territorio, dove pure i Pitti si erano stabiliti in minima parte, assorbendo le locali tribù di Bruti e fondando Approdo e Corvia. In seguito si spinsero ad est scoprendo i passi Silente e Collepietra, e attraversatili poterono sciamare nelle pianure sottostanti scacciando i Pitti e conquistando la città elfica di Elen Eressea. Fino alla conquista di Alessandro, Castelbruma era divisa in piccoli regni che, alla caduta di Dimora sotto i colpi meridi, non furono in grado di unirsi contro il conquistatore. Alessandro fondò le città di Castelbruma, Portoferro e Roccastrada e divise il territorio in due governatorati separati uno ad est e l'altro ad ovest delle montagne. Alla sua morte i governatori furono rovesciati ma la divisione rimase.

Durante i Secoli Bui Castelbruma si unificò progressivamente fino a che, nel sesto secolo, la temibile famiglia D'Urso riuscì a conquistarsi il potere del distretto orientale. In quell'epoca venne edificata la fortezza di Forte Guardiano e, con le spalle coperte, i D'Urso fecero guerra agli Alanera, signori della Valle dello Zaffiro. Il conflitto fu lungo e con alterne vittorie, tanto che il controllo dei passi cambiò più volte di mano, finché alla fine, nel 651, Odoacre D'Urso mise fine alla contesa conquistando Corvia. Da allora i D'Urso sono rimasti al potere generando una stirpe ambiziosa e combattiva in grado di influenzare le sorti delle Terre Spezzate.

I D'Urso costruirono sui passi delle imponenti fortezze ed elessero la grande rocca di Castelbruma a loro Capitale, mantennero saldi i Principi dell'antico culto anche quando da Valleterna la predicazione della Tetrade cercò di espandersi ai territori confinanti. Ma, mentre a Corona del Re la nuova religione prese piede in fretta, a Castelbruma solo la guerra poté piegare lo spirito degli abitanti. I brumiani riuscirono infatti a contrastarne l'avanzata sino alla guerra con Valleterna, nella quale vistisi sconfitti si ritirarono dietro le montagne ad ovest e da lì trattarono la pace, riuscendo a rimanere sul trono solo al prezzo della sottomissione al nuovo culto.

Durante gli anni dell'egemonia valniana, Castelbruma era retta da un Principe consigliato e controllato da un grande Vescovo imposto dal Tetrarca valniano, e molte famiglie nobili si convertirono, per forza o per amore, al nuovo culto. Ma dopo la terribile Peste Equina, ed il conseguente indebolimento del potere di Valleterna, rivolte di carattere religioso cominciarono a scoppiare un pò ovunque nel Principato. Spesso tali ribellioni erano guidate da bruti, e la loro pericolosità indusse il Re di Vesta a reprimerle con durezza: molti massacri furono perpetrati nel nome della Tetrade e alcuni di essi gridano ancora vendetta nel cuore dei brumiani. La situazione si fece talmente grave che nel 1122 il Re ordinò ai guerrieri valniani di ritirarsi dietro i passi nella parte est di Castelbruma. L'antica nobiltà brumiana colse al volo l'occasione e fuggì aldilà delle montagne, dove i D'Urso organizzarono un nuovo grande esercito e grazie ai profughi che ingrossavano le loro file di giorno in giorno, diedero il via all'opera di riconquista. In pochi mesi riconquistarono le loro terre e ricacciarono i Valniani a sud del Passo Tempesta. Ma il Principe Abelardo D'Urso, come del resto è costume della sua casata, era ambizioso e vendicativo e, conscio della debolezza di Valleterna, volle stringere un patto con Altabrina e Neenuvar nel nome dell'antica religione per condannare i valniani alla caduta in tutte le Terre Spezzate. Per ottenere l'appoggio degli Elfi promise addirittura loro che avrebbero riavuto la loro antica Capitale: Dimora, giacché l'ambizioso progetto, sancito del patto, prevedeva la conquista del Trono del Sole e di tutte le Terre Spezzate.

Tuttavia, il piano non riuscì nella sua interezza: Valleterna fu sconfitta, Corona del Re conquistata, ma quando Abelardo D'Urso non restituì Dimora agli Elfi, questi si tirarono indietro e senza il loro appoggio non riuscì ad Altabrina e Castelbruma di piegare le province meridionali.

I D'Urso regnavano dal trono di Dimora, un Trono Nero come il loro vessillo.

Ambientazione di Castelbruma

Storia di Altabrina

La storia di Altabrina, tramandata oralmente dai suoi Cantori, affonda nella leggenda. Quando gli Elfi erano ancora una stirpe vitale e potente colonizzarono tutte le regioni più ricche e temperate delle Terre spezzate, ma non si spinsero mai nelle terre del nord, inospitali ed estreme. La vasta regione a Nord del fiume Cristallo vide per secoli una titanica e interminabile lotta tra le stirpi più feroci e astute del continente: i Bruti e i Diurni, o Diavoli dei ghiacci. Poi i Pitti si spinsero a nord nelle terre concesse loro dagli Elfi incontrarono i Bruti, e si allearono ad essi nella lotta contro i terribili ed enigmatici Diurni.

La leggenda narra che questa guerra fu vinta quando il giovane guerriero Cane Rosso strinse un patto con gli spiriti dei boschi per ottenere l’aiuto della loro potente magia. Le sfuggenti entità silvane avrebbero infuso nell’eroe e nei suoi fedeli guerrieri il potere delle belve della foresta. Il patto fu siglato nel sangue e i guerrieri mutarono d’aspetto, diventando Lupi su due zampe, Orsi con sembianze umanoidi ed altri innumerevoli esseri metà bestia e metà uomo. Forti di questo potere, scacciarono i Diurni oltre le montagne. Tuttavia quando giunsero ai loro villaggi i loro vecchi amici non li riconobbero e li scacciarono credendoli delle bestie selvagge e pericolose. Così i guerrieri si rifugiarono nel folto della foresta e chiesero aiuto agli spiriti. Le magiche creature risposero ai loro appelli e liberarono coloro che lo desideravano dalla forma animale. Alcune leggende raccontano però che Cane Rosso ed alcuni guerrieri non si siano mai liberati della pelle di animale che avevano indossato, e proteggano Altabrina dai Diavoli dei ghiacci per l'eternità.

In tale epoca remota, a Castelbruma risiedevano i Clan del Cervo, della Volpe, dell’Orso e del Corvo, nelle terre di Altabrina i Figli del Lupo, del Falco, della Lince e del Gufo vagavano liberamente per le sconfinate distese boschive. Poi un inverno gelido e terribile trasformò il mare ad ovest in una distesa di ghiaccio e un cataclisma peggiore della guerra coi Diurni si abbatté sulle terre del nord. Nerofiume, sciamano del clan del Corvo, vide in sogno uomini coperti di ferro sciamare a migliaia sulle coste brumiane conquistando e saccheggiando. I fieri guerrieri di Altabrina si armarono fiduciosi di respingere gli invasori, ma sulle masse fiduciose di vittoria si abbatté un turbine di acciaio e morte, silenziosi guerrieri uscirono dalle nebbie e avanzarono incuranti delle frecce e delle lance, e massacrarono coloro che osarono resistere; chi cercò scampo nella fuga morì congelato nelle acque dello Zaffiro.

Negli anni che seguirono l’invasione proseguì spedita e molti Bruti si unirono alle schiere del Popolo del Mare, il Clan dell’Orso e del Corvo che vivevano ad ovest dei Monti delle Nuvole furono sterminati e i Figli del Cervo e della Volpe si rifugiarono nell’odierna Altabrina. Sulla Gargiarocca gli abili artigiani del Clan del Falco impararono a costruire lunghe navi da guerra e a condurle per mare.

Nei secoli che succedettero alla caduta di Altamar, Altabrina prosperò e, quando Alessandro Difensore degli Uomini mosse i primi passi verso la gloria, nessuno nell’estremo nord sapeva della sua esistenza.

Nel 361 i sonni degli sciamani furono funestati da incubi di morte, e un vento gelido scese dal mar di Brina: dalle distese ghiacciate calarono i Diurni ricomparendo dopo un sonno di molti secoli. Infuriò la battaglia per due notti e un giorno e all’alba del secondo giorno parve ai guerrieri brinnici che i Diavoli non dovessero finire mai. Quando tutto parve perduto, Alessandro alla testa dei suoi guerrieri piombò sui demoni e li travolse. La sola vista del Conquistatore soggiogò i Clan ed essi lo seguirono nella caccia che mise in fuga i Diurni alla volta del Mar di Brina.

Le tribù giurarono fedeltà ad Alessandro ed egli prese cento guerrieri da ogni Clan è ricreò i Figli dell’Orso ponendoli a nord delle montagne e affidandogli il sacro compito di proteggere Altabrina e tutte le Terre Spezzate dalla minaccia dei Diavoli dei Ghiacci.

Alla morte di Alessandro, Altabrina scivolò come il resto delle Terre Spezzate nei Secoli Bui, passò il tempo e le terre del nord vennero funestate da aspre guerre tra i Clan, che impedirono ai brinnici di scorgere la minaccia che cresceva a sud. Nelle terre di Valleterna il culto della Tetrade acquistava forza e i potenti Cavalieri-sacerdoti valniani accrescevano il loro numero. I Clan si accorsero del pericolo quando molti bruti fedeli del vecchio culto portarono la notizia delle persecuzioni perpetrate dai seguaci della Tetrade a Castelbruma. Sdegnati gli sciamani di Altabrina convocarono un grande consiglio di guerra e convinsero il popolo della necessità di affrontare i fanatici Valniani. Fu la disfatta. Ogni clan combatteva per sé, mentre i seguaci dei Falsi Dei come un sol uomo. Quando i superstiti si riunirono decisero che i Clan avrebbero dovuto avere una guida più salda, così lo sciamano Ombrasera propose che uno di loro dovesse essere nominato Primo tra gli altri e così fu. Il Clan del Lupo, il più numeroso, fu insignito del Titolo di “Primo tra i Clan” e quando i Valniani tornarono Altabrina li respinse salvandosi dal giogo della Tetrade. I Figli del Lupo, forti della loro autorità, mantennero il Principato fedele alle proprie tradizioni e chiuso ai rapporti con il sud. I contatti con le terre calde si limitarono per lungo tempo alle razzie compiute a bordo delle agili navi dalla forma allungata, tipiche delle stirpi del nord.

Ad Altabrina non ci sono mai stati molti cavalli, per questo la Peste Equina non ha fatto terribili stragi come nelle terre del sud. Con lo scemare del potere di Valleterna, nella vicina Castelbruma gli ambiziosi duchi scacciarono i profeti del nuovo culto. Il Clan del Lupo strinse allora un’alleanza per ristabilire l’Antica e vera Religione. I guerrieri del nord travolsero ogni resistenza e ottennero grandi bottini e molti di essi s’insediarono nelle terre del sud.

Era nata una nuova era, in cui l’Antico Culto tornava finalmente a guidare le genti verso la saggezza.

Ambientazione di Altabrina

Storia di Valleterna

Al tempo dei Re della Primavera Valleterna era la parte più settentrionale del regno degli Elfi. I primi umani a popolare questa terra furono i Pitti. Fu poi la Stirpe del Mare a popolare la Pianura Scarlatta. I contatti con gli Elfi e gli Eredi mitigarono la brutale determinazione del Popolo del Mare con l'eleganza e il rispetto per i frutti della terra, dando vita alla tipica cultura valniana.

Con il passare delle generazioni i Re del Mare divennero sempre più ingordi e meno benvoluti. Attorno al 360, sbarcò alla foce del Fiume Rosso il Difensore degli Uomini, Alessandro da Meridia. Alessandro affascinò profondamente i Valniani, che già lo acclamavano come liberatore. Per l'Ecclesia Tetradica sarà poi considerato un Devoto.

Alla testa di un esercito composto in gran parte da Valniani, sconfisse Godvino Dulcamara, Duca di Porta Scirocco, stabilendo poi la capitale di Valleterna a Vesta. L'anno seguente affidò Valleterna ad un suo fidato luogotenente, Sesto da Nassilia, che diede inizio alla sfortunata casata dei Sestesi. Dopo la morte di Alessandro, ebbero inizio i Secoli Bui: sanguinose lotte intestine funestarono Valleterna e anche i primi scontri con i Brumiani risalgono a questo periodo.

Nella seconda metà del VII secolo a Valleterna nacque e si diffuse la staffa, che permise ai guerrieri a cavallo di reggere meglio l'impatto con le file nemiche e di caricare lancia in resta con un'efficacia mai raggiunta prima.

Nel 712 in un piccolo villaggio dirimpetto a Rìlmeren nacque Castamante, il Profeta della Tetrade. Grazie al suo carisma formò un gruppo di seguaci a capo dei quali attorno al 735 giunse a controllare mezza Pianura Scarlatta. Reso imprudente dai facili successi, tentò l'assedio di Vesta, ma venne sconfitto e imprigionato nelle segrete dei Sestesi.

Erano ormai trascorsi dieci anni quando un misterioso vagabondo, dal volto ancora giovane ma bianco di capelli, prese ad aggirarsi per tutta Valleterna, curando gli infermi con il semplice tocco delle mani e confortando i disperati. Iniziò a diffondere un nuovo culto e una nuova visione del mondo, ispirata a princìpi di pace universale, moderazione e giustizia.

Nel 750 la Tetrade contava ormai numerosi seguaci, il misterioso sant'uomo si fece riconoscere come Castamante, per diritto divino signore di Monfiore e Tetrarca delle Terre Spezzate. Alla testa di un nuovo esercito, infiammato dalla fede, scacciò i Brumiani, arrivando nel 756 a conquistare, grazie anche alle conversioni di molti nobili, tutta Valleterna con l'eccezione di Vesta.

L’anno successivo mosse su Dimora, forte della leggendaria cavalleria pesante valniana, dell'aiuto di Siderèo e dell'appoggio della nobile famiglia coronense dei Vermigliani. Mentre consolidava il dominio sulla parte settentrionale di Corona del Re, gli giunse notizia che Vinfredo dei Sestesi aveva abbracciato la Tetrade ed era ansioso di riparare ai torti commessi rendendogli omaggio. Il Barone gli cedette le armi e le chiavi della città, gettandosi poi nelle fiamme per espiare le sue passate gesta. Castamante prese in moglie la sua prima figlia, Clarina, dando inizio alla Casata dei Castamanti.

Negli anni successivi, il Re canuto partì alla conquista del sud. Nel 769 il suo dominio si estendeva da Venalia a Valleterna, e il suo esercito vantava oltre novemila uomini, quasi tutti Cavalieri pesanti, senz'altro il più potente che mai si vedrà nelle Terre Spezzate. Castamante era Tetrarca di fatto e non solo di nome, i Secoli Bui erano finiti.

Due anni più tardi, con Meridia ormai in ginocchio, giunse notizia che Castelbruma stava attaccando da nord. Castamante partì immediatamente insieme a cinquecento dei suoi Cavalieri più veloci, e secondo le cronache coprì in soli sedici giorni le centinaia e centinaia di leghe che separano Venalia da Valleterna, miracolosamente in tempo per spezzare l'assedio e scacciare i Brumiani.

Da quel giorno Castamante non lasciò più Vesta, nuova capitale di tutte le Terre Spezzate. Fece erigere cattedrali e scuole di teologia e ufficializzò il feudalesimo valniano, in cui i Baroni, guide spirituali oltre che temporali, assunsero il titolo di Vescovi. In questo sistema, il Tetrarca è innanzitutto il capo dell'Ecclesia, e viene eletto liberamente dai Vescovi, che di fatto lo scelsero sempre tra i Castamanti, forti anche della credenza secondo cui i discendenti del Profeta avessero miracolosi poteri di guarigione.

I successori di Castamante rafforzarono il dominio su Venalia, Meridia e Neenuvar, giungendo poi a travolgere i D'Urso di Castelbruma, che per salvare il trono e la vita finsero di convertirsi alla Tetrade e giurarono fedeltà ai Castamanti.

Altabrina presentò maggiori difficoltà, poiché i suoi abitanti sembravano refrattari al nuovo culto. Alla fine i Valniani la abbandonarono al suo destino.

Nella seconda metà del decimo secolo, Valleterna fu luogo d’origine e principale vittima della Peste Equina, che sterminò tutti i cavalli e oltre un terzo della popolazione. Valleterna, privata della cavalleria, perse il vantaggio militare che l'aveva portata alla gloria, ma mantenne ancora per qualche generazione il suo dominio. Oggi il cavallo nelle Terre Spezzate è simbolo di morte e di sventura.

L'irrequieta provincia brumiana non aveva mai abbracciato completamente la nuova fede e nel 1120 il Tetrarca Dedrico perse di fatto il controllo della metà occidentale di Castelbruma. I D'Urso, forti dell'alleanza dei feroci barbari del nord, fecero strage dei soldati valniani cacciandoli a sud. Ma ancora non era abbastanza: Neenuvar si unì ai nemici di sempre e nel 1122 Valleterna venne attaccata contemporaneamente da nord e da sudovest. Il dominio di Vesta capitolò, e Dedrico, il Re nascosto, fu costretto alla clandestinità. Il Culto della Tetrade venne bandito, e chi lo praticava messo a morte. L'era dorata di Valleterna era finita.

Ambientazione di Valleterna

Storia di Corona del Re

Solo gli Elfi ricordano ancora com’era Corona del Re durante l’epoca dei Re della Primavera. Quando il Popolo del Mare mise a ferro e fuoco Corona del Re, scacciò i Pitti e gli Elfi ad ovest verso le terre di Neenuvar. Fu il comandante del Popolo del Mare, Leviardo il Conquistatore, a pronunciare la frase “Il tempo degli antichi Re è finito. Mai più un Elfo o un Eliarca governeranno le Terre Spezzate. Oggi inizia l'era degli Uomini”.

Tre delle linee di sangue più potenti che si erano distinte durante la conquista di Approdo rimasero a Corona del Re: i Gottardi, i Gandolfi ed i Leviardi. Furono questi ultimi a sedere sul trono nei secoli successivi. Nel 316 i Gandolfi tentarono di assassinare il Principe Abriano Leviardi durante una battuta di caccia nel Gran Querceto; ne nacque una sanguinosa guerra civile, al termine della quale la Corona aveva concesso titoli e terre a quattro famiglie che si erano distinte nella difesa di Dimora: i Dominici, i Clementi, i Vignalba ed i Gastaldi, che non ricevettero territori in dono ma servirono come attendenti e Cavalieri nella capitale.

Cinquant’anni dopo, Corona cadde sotto l’assalto di Alessandro, Difensore degli Uomini. Questi vinse grazie al supporto della cavalleria valniana e delle navi venali di nuova concezione. Alessandro non sedette sul Trono del Mare, ma si fece costruire un proprio scranno, il Trono del Sole, che ancora oggi domina la Sala delle Udienze nella Fortezza dei Flutti.

Durante il regno di Alessandro il Principato prosperò, così alcuni Uomini della Sabbia e persino alcuni Niviani si trasferirono a Dimora.
Entrambe le figlie di Alessandro erano sposate a nobili del sud e una compagine guidata dalle famiglie Dominici e Clementi cercò invano di convincere Alessandro a far risposare sua figlia maggiore con un rampollo coronense. Alla morte del grande Re le tensioni sfociarono nella violenza. Nel giorno dell’incoronazione il popolo insorse, la folla linciò i futuri sovrani e tafferugli scoppiarono un po’ ovunque. Molti membri delle famiglie dei Vignalba e dei Gastaldi rimasero uccisi nel tentativo di sedare la rivolta. A Dimora i Dominici e i Clementi, che probabilmente avevano aizzato il malcontento e le sommosse, presero il potere. Aloiso dei Dominici si proclamò Re sedendo sul Trono del Sole, ma nessuno dei Principi vassalli gli giurò fedeltà ed ebbero inizio i tempi selvaggi noti come Secoli Bui.

In quei secoli la stessa Corona del Re si frammentò in tre schieramenti che divisero il territorio in tre zone di influenza costantemente in lotta per terre e confini. Questo oscuro periodo del Principato viene ricordato dagli storici come la Guerra dei Tre Re. I Clementi dominavano sull’Isola Verde dalla città di Portarda, forti dell’appoggio delle famiglie Aloisi e Cavalcanti.

I Dominici governavano su Dimora e sulle vaste e produttive campagne, ed elessero a propri alfieri le famiglie De Portici e Vermigliani. I Vignalba di Capo d’Alba, signori dei mari, ed i Gastaldi, cercarono e trovarono l’appoggio dei potenti Della Torre.

Fu proprio la stanchezza del popolo, vessato dalle continue incursioni che i tre eserciti compivano ai danni delle rispettive campagne e città, a permettere l’invasione da parte di Castamante, facilitata anche dal tradimento dei Vermigliani, già convertitisi al nuovo culto.

Nel 758 Gioacchino dei Vermigliani e i suoi armati, aprirono a Castamante il Glorioso e alla sua cavalleria le porte di Dimora, abbandonando tutti i territori a sud della capitale all’alleanza di Vignalba, Gastaldi e Della Torre. I Dominici furono sterminati dagli stessi Vermigliani. I De Portici ripararono a Dimora giurando fedeltà al Glorioso e convertendosi al culto della Tetrade. Ai fedeli Vermigliani venne lasciato il governo della capitale quali vassalli valniani.

Nel sud del Principato i signori di Capo d’Alba, Litoranèa e Sentinella si erano rafforzati, ma quando i Vignalba e i loro alleati cercarono di opporre resistenza alla cavalleria di Castamante, la battaglia dei Campi Plachi divenne un bagno di sangue in cui l’esercito coronense fu falcidiato.
Si dice che, dopo la vittoria di Castamante, Flaviano dei Gastaldi abbia affermato: “Il tempo della guerra è finito, l’oscurità di questi Secoli Bui ci ha accecati tutti, ma un nuovo Alessandro è giunto, e le Terre Spezzate hanno un nuovo sovrano”. Il Glorioso chiese all’anziano Gastaldi di seguirlo nella campagna di conquista di Meridia ed il giovane Guido Della Torre giurò fedeltà a Castamante come suo Cavaliere. Entrambi furono riconosciuti Devoti dalla Tetrade, e nei secoli successivi le loro famiglie sarebbero state, insieme ai leali Vermigliani, i più fedeli vassalli valniani a Corona del Re.

Dal primo Cavalierato di Guido Della Torre numerosi giovani coronensi vollero votarsi alla protezione della famiglia reale e di Corona del Re, così venne fondata la Guardia Reale, un corpo in cui i più nobili, virtuosi e ferventi Cavalieri venivano scelti per proteggere personalmente la famiglia reale, indossando un mantello di colore blu intenso che valse loro il nome di Cappe Celesti.

A partire dalla seconda metà del decimo secolo si abbatté su Corona del Re e poi sul resto delle Terre spezzate un’epidemia che sterminò l’intera popolazione equina. Quando la peste infine si placò l’antica famiglia Clementi era rovinata, ed i Cavalcanti praticamente scomparsi; il potere militare di Valleterna era indebolito.

Solo poche generazioni più tardi gli indomiti seguaci dell’antico culto di Castelbruma e Altabrina si riunirono per rovesciare il potere della Tetrade sulle Terre Spezzate. Forti di un’alleanza con Neenuvar, gli uomini del nord piombarono su Corona del Re nel 1122, ann oa partire dal quale Abelardo d’Urso sedette sul Trono del Sole di Dimora. La resistenza all’offensiva fu vana, e si combatté quasi esclusivamente presso Portarda, città che venne semidistrutta e la Cattedrale del Devoto Clovio data alle fiamme. Giusto Della Torre, nobile capofamiglia e comandante della Guardia Reale, venne ucciso nella piazza d’arme della Fortezza dei Flutti e la sua famiglia imprigionata per essersi rifiutata di abiurare la fede tetradica ed inginocchiarsi ai nuovi regnanti.

Ambientazione di Corona del Re

Storia di Venalia

Quando gli Adusti giunsero dal deserto, molte tribù si spinsero a nord della Valle del Patrio e dei Monti Secchi, nelle più settentrionali e fertili terre che oggi appartengono ai Venali. Erano i tempi in cui i Re della Primavera governavano saggiamente, mentre gli Uomini della Sabbia costruivano le prime città di Fanos e Calastea e combattevano dure lotte per la sopravvivenza con le mostruose creature che infestavano i territori.

Le tribù venali, pur venerando il principio del Fuoco e pur possedendo alcuni rudimenti di magia, erano impreparate all’enorme potere distruttivo che gli sciamani meridi avevano sviluppato, così fu ben misera la resistenza opposta quando Crisostomo I giunse per conquistare e unire tutte le tribù in un unico regno: l’Impero del Fuoco.

Sotto l’egemonia dell’Eliarca vennero esplorate le fertili terre a nord e fondate le città di Candia e Vigezia, dove Oreste Cipridi, primo Arconte della Provincia, fissò la sede del governo locale.
Periferia estrema di un vasto territorio, Venalia era lontana dal centro di potere politico e religioso. Furono secoli di relativo benessere per la regione, fino a che la pace non fu rotta dall’invasione del Popolo del Mare.
La violenza delle battaglie di conquista e la bruciante sconfitta subita dai difensori vengono ancora oggi annoverate con vergogna e costernazione.

A dispetto di ogni aspettativa la dominazione del Popolo del Mare fu tutto sommato tollerabile, almeno fino all’arrivo dei Niviani. I duri tributi da versare e le leggi cui sottostare non erano per i Venali troppo diversi da quelli imposti dagli Eliarchi, e il pesante divieto di fare magia che a Meridia influì profondamente sulla società, a Venalia comportò cambiamenti non significativi.

Fu questo il primo periodo di espansione dei traffici commerciali verso le Terre Spezzate, grazie soprattutto ai porti di Vigezia e Candia. È inoltre da ascriversi a quest’epoca anche lo sbocciare dei primi desideri di indipendenza da Meridia, la cui società si andava sviluppando in modo assai diverso da quella venale.

Era il 198, quando nel Golfo di Vigezia “ ...a bordo di navi lunghe e larghe, con chiglie appuntite in grado di tagliare le onde e vele gonfie dei venti del mare dell’ovest…” sbarcò un popolo di pacifici viaggiatori dalla pelle eburnea: i Niviani.

Pratici, disillusi, astuti e materialisti, nonché marinai ed artigiani eccezionali, i Niviani ripagarono l’ospitalità venale condividendo le rivoluzionarie conoscenze in campo marittimo e consigliando mercanti e politici, forti di un’altissima tradizione di pensiero. Nel rispetto delle imposizioni dei Re del Mare il popolo in viaggio si limitò invece nell’arte magica, in cui molti dei suoi esponenti eccellevano. Ma nonostante l’accortezza dei Niviani e la loro dimostrazione di civiltà, nei rozzi Uomini del Mare nacquero sentimenti di odio e di intolleranza tanto forti da causare vere e proprie persecuzioni ai danni dei “Pallidi”. Fortunatamente l’entusiasmo iniziale della “caccia al pallido” scemò in fretta, limitandosi a fastidiose discriminazioni; il Popolo del Mare aveva scioccamente smesso di considerare i nuovi arrivati una minaccia a causa della loro scarsa predisposizione, sia fisica che sociale, alla guerra e al combattimento.

Nel 361 giunse a Vigezia un giovane Arconte di origini meride, un uomo forte ed ambizioso che un giorno sarebbe stato chiamato “il Difensore degli Uomini”. Alessandro era stato inviato nella remota provincia in seguito a macchinazioni politiche, ma la sua immediata curiosità per le usanze venali e l’amicizia personale che lo legò a famiglie niviane contribuirono in modo significativo alla sua gloriosa ascesa.
Alessandro riconobbe ai Niviani molti benefici, investì alcune delle famiglie più ricche e potenti di titoli nobiliari e terre. Il Regno del Sole segnò una vera e propria età dell’oro.
La morte di Alessandro, giunta nel 418 per sprofondare nel caos le Terre Spezzate, colse il Regno impreparato, e l’anarchia generata condusse i Principati verso il periodo noto come i Secoli Bui. Venalia rimase la provincia settentrionale di Meridia, ma i potenti mercanti tennero vivi i commerci e le rotte navali. In questi tempi incerti e turbolenti nacquero anche i primi seri tentativi di indipendenza da Meridia. Nel frattempo le voci di padri missionari che predicavano una nuova religione profetizzata a Valleterna furono ignorate in virtù di obiettivi ardui e ambiziosi; così il Profeta della Tetrade, Castamante, aveva già conquistato Corona del Re quando i suoi piani si volsero a Venalia. Prima dell’invasione armata fu abbandonata ogni velleità d’indipendenza e trattata la pace con il “Campione del Glorioso”. Venalia si sottomise così quasi senza combattere, grata di avere una nuova pace al prezzo di un Signore diverso a cui pagare tributi.

Allo scoppio della Peste Equina, i Venali reagirono con lungimiranza, e per evitare il tracollo, sostituirono in fretta i cavalli con asini e buoi per il commercio carovaniero; forti della propria supremazia navale, incrementarono la propria ricchezza fronteggiando la mancanza di cavalli con navi leggere e veloci per merci e passeggeri.

Ma il morbo aveva indebolito tutti i Principati, Valleterna aveva perso il suo primato militare, Meridia mostrava il fianco alla tanto agognata indipendenza: i tempi erano maturi per la secessione. Quando il Nord, guidato da Abelardo d’Urso, si ribellò al dominio valniano, le Terre Spezzate furono nuovamente sconvolte dalla guerra, e in breve sul trono di Dimora sedette un “Re della Bruma”. Venalia cedette le armi al nuovo potere, cambiando ancora padrone ma liberandosi dal giogo merida, forse i tempi erano maturi perché Venalia fosse riconosciuta pienamente come Principato a sé stante e non mera provincia.

Ambientazione di Venalia

Altre terre: Neenuvar e Meridia

La storia di questi due principati è antichissima e assai ricca. Gli Elfi e i loro Re della Primavera dominarono le Terre Spezzate agli albori della civiltà, mentre Alessandro degli Alessandridi, condottiero e illuminato sovrano, unificò sotto il suo dominio l’intero continente in un regno di pace, progresso e prosperità.

Senza soffermarsi sui dettagli, in virtù di un passato importante e glorioso, Neenuvar e Meridia sono profondamente gelose della propria indipendenza, e i loro popoli orgogliosi e fieri della propria cultura e delle proprie tradizioni millenarie. Nel tempo presente, entrambi i principati non sottostanno al dominio di Re Abelardo d’Urso e praticano una politica di isolazionismo ed indipendenza. Se sia destinata a durare o meno, solo il tempo potrà dirlo.

Leggi la Storia generale delle Terre Spezzate