Le Guardie di Corona del Re
Monologo recitato da Rapace Sagace come prova per divenire Giullare di Corte, alla presenza del Principe Temistocle degli Alessandridi durante la festa per la riapertura delle sale alessandrine del Palazzo dei Principi
Questa sera è mia la storia, Ignazio dei Rivi, Guardia Reale di Sua Maestà.
Una storia che inizia in una via stretta, quasi schiacciata tra i muri del quartiere Scarlatto, in quello splendido incontro di pietre e genti che è Dimora. Si pietre, sassi rubati da montagne ai confini del mondo e portati qui dai conquistatori di ogni epoca. Rovine Elfiche che cercano un pò di sole nell'ombra di cattedrali del dominio Valniano, case dai tetti piatti ed il disegno alessandrino protette da un muro nero e possente lasciato dalla prima Alleanza del Nord, statue di re d'oltremare ed eroi delle sabbie che fissano insieme l'orizzonte dalla Fortezza dei Flutti.
E, se nasci a Dimora, nel quartiere scarlatto, in una via stretta, la prima cosa che senti quanto tua madre, tenendoti in braccio, ti porta giù ed apre la porta, è una. La puzza. Tutti i peggiori fetori del regno concentrati in quello spazio minuscolo proprio fuori l'uscio di casa. L'odore dei corpi di tutte le razze, che qui convivono in pace, si, ma ammassati gli uni con gli altri. Il tanfo insopportabile che arriva dalle concerie. Se vi concentrate bene potete perfino distinguere il tipico aroma pungente dei peti brinnici. Ma...ma non c'è solo questo, basta non fermarsi e sentire più a fondo. Cosa sono questi ? Fiori ? Si fiori d'arancio da Meridia ! E li ? E' il legno degli alberi del Bosco Nero e poi, poi i liquori e le spezie e con loro le memorie e le parole di sette terre che vengono ad incontrarsi proprio qua. Sarà per questo che Dimora è il centro del regno. Ma chi è Umbilicus Mundi sta sul culo al resto del mondo. E intanto son venuti a invaderci, per secoli, tutti. Uomini del mare, Meridi, Valniani, Brumiani, tutti a voler mettere il loro trono in questa città. Ed i nostri nobili ? A inchinarsi ! Prego, entrate, servo vostro. Ma facevan bene, meglio salvar il popolo che salvar l'onore. Così per secoli. Poi ottanta anni fa i Gastaldi sono andati in fregola e hanno detto : Va bè, la festa è finita. Tutti a casa, adesso comandiamo noi.
Ma perchè tante guerre per venir a vivere proprio qua ? No, non è per la città, quella è conseguenza non causa della ricchezza.. No, se Dimora è il trono, la Corona del Re è quello che c'è intorno, l'Isola Verde, il Gran Querceto, la terra. Le sue gemme sono le gocce di sudore dei braccianti, prima rugiada a bagnare l'erba nel levarsi tremulo dell'aurora. Il suo oro è il grano che danza alla musica segreta del vento, in campi sterminati lungo il cammino della Strada del Re. Il suo mantello, la lavanda, sboccia in Fiorile e avvolge i pascoli in un abbraccio dal colore tenue e gentile simile al sospiro di un'amante. E qua e la, sparse, senza fretta di accalcarsi, le case dei contadini, semplici come la dignità. Gente generosa, addestrata alla fratellanza durante i lunghi secoli di dominio straniero. Su quei sentieri di terra scura, più larghi della via dove sono nato, continua la mia storia. Ora li percorro come Guardia del Re, li proteggo. Loro, i contadini, vengono a ringraziarmi, tutti.
No aspetta, non tutti. Manca Gervaso, dov'è ? Lontano, in pirgione.
Perchè mi sono messo a fare il mestiere più detestato del regno chiedete ? Non lo so, forse è per la voglia di difender la mia gente o per tenere insieme queste terre disgraziate affinchè i confini non siano altro che aria e luce, aria e luce. Magari è solo per quella sensazione impalpabile di contribuire a qualcosa di grande, di essere parte di una visione giusta. Come faccio a sapere che i Gastaldi sono giusti ? Si sono sottomessi a tutti i Re degli ultimi mille anni, avranno ben imparato guardandoli ! Anche i muli a furia di far sempre la stessa strada finisce per saperla a memoria, sarà così anche per i sovrani. Ne ho fatte di cose brutte, ho dovuto arrestare, uccidere -e ciò che dovrò eseguire questa notte sarà anche peggio- ma, ma finchè saprò di servire un Re giusto, sarà sempre un onore combattere, non per la gloria, non per la conquista, ma per il privilegio di potermi inchinare e dire, fiero, Mio Sire, servo vostro. Per la Giustizia non proverò vergogna e dormirò il sonno degli innocenti.
Cose brutte, si. La peggiore è stata la guerra. Ma si è vinto, e con noi il regno ed i suoi confini di aria e luce. E dopo l'ultima battaglia, promosso Veterano della Guardia ! Do un lungo bacio a mia moglie, è il sogno di una vita, finalmente potrò essere di sentinella alla Fortezza dei Flutti.
No.
Aureliano decide di farsi zingaro, di mettere su il carrozzone della corte errante.
Schierati i plotoni, passati in rassegna, la Regina Madre raccomanda alle Cappe Celesti di far mettere la sciarpa al suo bambino, ci armano di spada e di scudo, pronti a partire. Ultimo, un saluto alla Regina Ginevra, della cui bellezza il giullar parlar non pote.
Via, per tutti i regni, al seguito del Re, a ricevere inchini. Lui. Per noi, insulti. Altabrina : assassini. Castelbruma : usurpatori. Valleterna : eretici ! Anche noi ? Anche voi. E il viaggio continua, giù, giù, lungo la strada che fu di Alessandro. Venalia : Meridi ! Meridia : Venali ! E poi in nave, a risalir incrociando le onde. Neenuvar : Tylenyannadelotèsingollamildelothallocuelevdursilen ! Eh ? Mi sono informato. Fa parola unica e vuole dire più o meno "Sulle rive dello stagno dove sorge il cieliegio in fiore le vostre madri vendono i loro corpi trasandati per pochi denari a soldati di ventura affetti da malattie veneree e non disdegnano nemmeno i loro muli." Gli Elfi, signori anche negli insulti.
E poi, poi finalmente a casa.
Fino ad ora abbiamo riso e vi ho lasciato scherzare, ma adesso giù il cappello, perchè la vita di una Guardia Reale è una cosa seria e questa notte, in questa piazza così grande rispetto a quella via e a quei sentieri, la mia storia finisce. Non sono solo. C'è anche Gervaso, mio vecchio amico. con me. No, non è più in prigione. E' appeso per il collo ed il boia aspetta un mio segnale per dare un calcio a quello sgabello. E' colpevole. Di aver accolto i casa e nascosto disertori, profughi e nemici e aver così anteposto alla legge del Re, che impone di consegnare il nemico, l'antica legge dell'ospitalità contadina che dice prima, dagli da mangiare, poi da dormire, poi si vedrà.
E' ora. Do l'ordine. E mentre nell'aria vibra il suono secco di un respiro che si spegne mi chiedo se è giustizia questa. E' questo mantenere confini di aria e luce ? Mio Sire, voi siete troppo grande per pensare ad un contadino impiccato ma noi, noi vostre mani non riusciamo a lavarcelo via quel sangue. Ve ne prego. Non è difendere questo. Non ve lo chiedo come pietà verso di loro ma per noi sudditi fedeli, rendeteci fieri di servire. Non abbiamo scelta, ma chiediamo, chiediamo solo una vita senza vergogna. Per poter urlare ancora, fedeli e orgogliosi, a quel cielo che guarda tutti allo stesso modo, una sola cosa : Ad Coronam !
Così finisce la mia storia. Rimane un solo gesto da fare. Salutare il corpo di Gervaso, come lui avrebbe voluto.
Mi inginocchio. Chiudo leggero i suoi occhi. Prego.
Povertà magnanima, malaventura,
concedi compassione ai figli tuoi.
Glorifico la vita, e gloria sia.
Glorifica la vita, e gloria è.
Autore
Rapace Sagace