In morte di Laerte da Candia Mercenario

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Ultimi attimi di vita di uno scudo d'argento
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Ultimi attimi di vita di uno scudo d'argento


Siamo i buffoni del tempo e del terrore, i giorni si appropriano di noi e ci derubano, viviamo ed insieme proviamo disprezzo per la vita, ma non siamo poi diversi da ogni uomo, e temiamo la morte che vendiamo a poco prezzo.
Forse nel profondo noi mercenari sappiamo che nonostante Signore o Principe a cui si presti spada, non esiste padrone che competa con Lei, la gelida Signora degli Spiriti, a cui versiamo ogni anno tributo per le nostre vite. E come per convincerla che non valgano poi tanto, e che riscattarle da noi non sia davvero un grande affare, prestiamo la vita per altri impieghi, e la scambiamo per denaro. Ci accontentiamo del presente che gli altri uomini disdegnano, concentrati sul passato da conservare o sul futuro da costruire. Ci riempiamo così le tasche del dorato passato dei potenti, ci ingozziamo del loro pane e ingoiamo alla loro salute, contando in tutti i giorni del passato e del futuro, giacché il presente è solo nostro, i pochi giorni in cui l'anima si astiene dal tendere alla morte...

Laerte da Candia venne condotto in catene fino al centro della piazza d'arme. Era lo stesso luogo in cui per anni, alla pallida luce dell'alba, si era allenato con uomini più giovani e più vecchi di lui, tutti mercenari al servizio del Principe di Venalia. Quel giorno però, nel vasto piazzale, Laerte da Candia andava a morire da assassino.
Non aveva l'aria di aver bisogno di legacci, stretto nella morsa dei più robusti carcerieri, ma ogni Scudo d'Argento di Vigezia aveva con scorno constatato quanto ingannasse quel suo aspetto giovane e inoffensivo, da brav'uomo appena imbolsito da recenti gioie coniugali. Non s'era radunata una gran folla nel piazzale, ma quei pochi che non erano in servizio avevano voluto pagare l'ultimo saluto al compagno d'arme, divisi tra l'oltraggio per la cattiva sorte subita da Laerte, e l'inquieto dubbio di finire anche loro a quell'ingrato modo.
Al centro della scena ognuno prendeva il proprio posto, condannato, boia, messo del Sommo Plutocrate che aveva emesso la sentenza, e ministro dell'Ecclesia: il prete della Tetrade che avrebbe officiato la Cerimonia dell'Addio, licenziato lo spirito del condannato e raccolto la sua confessio post mortem.

...da giovani tutto appare semplice, tutto è a buon mercato, e la scelta di votarsi a questa vita s'adatta al modo sciocco che nei giovani è l'urgenza di tracannare la vita in un sol sorso, convinti sempre che l'oste sia prodigo, o coglione.
Così poggiamo la vita sul banco dei pegni e ne dilapidiamo il ricavato, o al più sogniamo di riscattarla in tempi migliori. Sposiamo con leggerezza il rischio, e alcuni ne sono davvero innamorati, l'animo gonfio d'indomito ardimento. Ma poi l'anima ci consuma il petto nel tempo in cui la spada logora la guaina, e come in ogni matrimonio, il rischio nostra moglie si fa indesiderato e quotidiano dovere. Per me l'amante fu il piacere del presente che a Venalia è dio sovrano, un'amante di ricche forme e labbra dolci d'uva, un'amante insaziabile di dorate attenzioni. E poiché per denaro avevo ubbidito e ucciso per questo o quel padrone, non fu difficile uccidere ubbidendo alla mia padrona voglia...

In breve le accuse furono rigorosamente sciorinate, le preghiere officiate nel nome della Tetrade, le insegne di Venalia tolte dal suo petto. Le mani del carnefice s'apprestarono a bendare gli occhi sereni del condannato, ma il piazzale semi deserto risuonò della sua voce.

«No. Le mie braccia sono in catene, tuo è il mio sangue confiscato, lascia che muoia con gli occhi liberi.»
«Colpisci.» E così dicendo piegò il capo sul ceppo.
«Colpisci.» E la morte in un sibilo colpì.
Il capo rotolò, e versando sangue il torso sprofondò nella polvere, che profonde vene appagarono di cruenta pioggia. Gli occhi e le labbra fremettero per un attimo, rapidi e convulsi, quindi cedettero all'immoto.

...il brusio appassionato dei compagni è il flebile sussurro della pietà. Così vengo giustiziato, per la scelta del presente che ha guidato la mia vita. E perché no? Importa forse dove un mercenario cade a ingrassare le viscere dei vermi, sul campo di battaglia o nell'opulenta e sordida Vigezia?
Entrambi sono teatro in cui i protagonisti, presto o tardi, imputridiscono

Autore
Anonimo.