I Segreti di Venalia

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Storia offerta alla Principessa Desdemona Alcestidi da Ser Goffredo durante la cerimonia per la sua investitura
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Storia offerta alla Principessa Desdemona Alcestidi da Ser Goffredo durante la cerimonia per la sua investitura


Venalia. Ma come si racconta una terra di maschere e segreti ? Un principato che ha fatto del mistero il suo manto più bello ? Ci si va. Si viaggia. E per raggiungere quel fazzoletto di terra, bagnato dai tre mari ma stretto tra le Paludi del Pianto e l'Agrosecco c'è un solo modo. Nave. Salpare da Approdo su di un brigantino scuro, veloce, lieve e farsi spingere giù dal vento che gonfia le vele bianche, quasi a sfiorare le coste dell'Oltrespina, quasi ad intravedere la bella Andunelen, giù, fino al golfo di Vigezia.
La città mi appare così, nel sole di mezzogiorno che abbraccia di luce gli ori del Palazzo dei Principi, che scende a rischiarare il molo con le sue voci, quelle voci che sembrano un benvenuto, confuse nella risacca di questa marea che sei ore cala, sei ore cresce, sei ore cala e sei ore cresce.
Scendo dalla barca, più leggero e come prima cosa, bacio la terra, ma con una passione tale che a mia moglie, su ad Altabrina, le fischiano le orecchie ancora adesso.

Venalia. Terra di maschere e di gazzarra, di colori da fare invidia ad un arcobaleno, di onestà e di fantasia. Si, un'onestà particolare ma che a suo modo c'è. Se chiedi a qualcuno che lavoro fa, lui ti risponde, senza problemi : Rubo. Che forse è meglio di quel che si fa da altre parti, con titoli più altisonanti. E la fantasia traspare da ogni forma, da ogni invenzione o impresa, pervade questa terra come una ghirlanda sgargiante. Fantasia che si nota sopratutto negli insulti. Non è mica facile insultare qualcuno a Venalia, provate ad urlare a qualcuno "Bastardo" in piazza, si girano tutti. O che tu ce l'hai con me ? O che tu ce l'hai con me ? Perché te lo sai chi è to pare ? No, allora taci. Non si può ! Devono trovare soluzioni migliori. Escremento di cane lebbroso. Cormorano sifilitico. Merida.
Maschere e gazzarra. Ma come si fa a spiegarlo a chi viene da fuori che non sono un giro in giostra ? Che quando loro se ne vanno, per tornare a casa, qui il travestimento continua. Perchè è l'essenza di questo principato. Perchè con la maschera, tutti sono uguali e allora non conta più il tuo nome, ma la tua abilità e la tua fortuna.
Venalia. Terra di opportunità per tutti, dove ognuno può riuscire !

Ma dove non si perdona chi fallisce.
Di questi emarginati ce n'è molti nella strada che va da qui, la Cattedrale del Devoto Tideo, fino all'Arsenale, ai margini di Vigezia. Mezza lega di pietra bianca che costeggia il mare, che difende la città dall'acqua salsa, mezza lega di calli rughe e ponti densa di mendicanti, tagliaborse, grassatori, bordelli, necrofagi e, peggio di tutti, mercanti. Mezza lega che nessun venale sano di mente farebbe a piedi. Io, mi incammino.
Montagne, usa la barca Io ? No no. Monta in barca che se no non ti arrivi più. Va bene...
Salgo. E' una cosa piccola, minuscola, due assi e tre chiodi. Non si muove.
Ciapa il remo Montagne !
Giusto. E quando mi danno in mano sto pezzo di legno che pare un paiolo io, non so perchè, sarà la memoria di mille generazioni su in valle, mi viene d'istinto di far la polenta. Solo che se fai così la barca gira in tondo. In quell'istante ho la netta sensazione che tutto il golfo stia ridendo di me. Un gabbiano grasso, che era appollaiato su di un palo d'ormeggio, vola via, sdegnato. I facchini sulla banchina si coprono gli occhi per non assistere allo scempio. Invece, dalla piazza, i piccioni mi osservano impietriti, immobili, ignorando persino briciole di pane grosse come buoi.
Con tutta la dignità che mi resta poggio il remo, scendo dalla barca, guardo la strada con aria di sfida e rilancio la mia impresa : Cammino !

Non ne ho fatta neanche metà e sono già sfinito. Quasi tutto quello che avevo me l'han rubato, ed il resto mi han convinto a spenderlo per comprare delle ...cose... a cui nemmeno so dare un nome. Poi, lo vedo. E' li in basso, nell'acqua. Voga leggero su di una barchetta curva, preme e staisce, preme e staisce, sembra sfiorarla appena questa marea che sei ore cala e sei ore cresce. Si ferma. Montagne, che te ti vuoi un passaggio ?
E così conosco Sambo. E' vecchio Sambo. Capelli corti color della cenere e pelle bruciata dal sole. Negli occhi, una tristezza che non riesco a decifrare.

Arriviamo all'Arsenale. Decine di uomini che fan solo corde, nelle sale del canego, decine che fan soltanto remi, decine di donne che cuce solo vele, centinaia, uno in fila all'altro, sotto la direzione dei Maestri D'Ascia, a fare navi. In quercia, colonna sacra al mare. E all'ora nona suona la campana ed i galeotti con il testimone in mano corre ad aprire il cancello dell'Arsenale. Esce un burcio a remi che traina una galera nuda. Al passaggio nel canale, dalle finestre imbraca corde, vele, vettovaglie, armi, remi, a bordo i galeotti, l'equipaggio, il comandante. E' Armata ! Fino a sei navi al giorno escon di la, pronte a solcar mari infestati da Meridi, Brinnici e Pirati, per raccoglier meraviglie da ogni terra e portarle qui, a Venalia, al Grande Mercato d'Oltremura, il più vasto e splendido bazar del regno.

E' sera ormai. Sambo mi chiede : Montagne, ma tu cosa ci fai a Venalia ? Vorrei scoprire almeno uno dei suoi segreti. Per quello non basta una vita Montagne, però seguimi, e forse posso farti capire di cosa Venalia ha paura. Partiamo, a piedi, verso oriente. E a tornar a camminare sui sentieri mi stupisco di come possa esistere un tempo diviso da alba e tramonto e non dalla marea, che sei ore cala e sei ore cresce. Valichiamo i Monti Secchi e vedo il duro lavoro dei minatori nelle cave d'oro.
Venalia da opportunità a tutti ma non perdona chi fallisce.

E' l'aurora quando arriviamo a Lisandria. Uomini, dai vestiti sporchi, che riparan case bruciate. Donne in lunghe file, ad arrampicarsi sulle colline per prender l'acqua dolce dai pozzi. Pescatori sulla spiaggia, reti rotte, logore, quasi vuote. Perché chiedo a Sambo. Perché tutta questa povertà, se il mare è così ricco e generoso ? Poi mi volto e capisco. Due caracche battenti bandiera merida sorvegliano la baia e le sue abbondanti riserve di pesca. Mi verrebbe da urlargli : Ma fatevi un po' più in la, così di cibo ce n'è per tutti, fatevi più in la, in fondo la marea è la stessa, per loro e per voi, sei ore cala e sei ore cresce, senza distinzioni per nessuno.
Ma Sambo si è sdraiato, fissa l'orizzonte. Cosa fai Sambo ? Muoio qui, sul mio mare. Non ho più niente. La guerra mi ha tolto un figlio ed Agamennone un nipote. Muoio qui, e quando le mie ossa saranno corallo ed i miei capelli verdi alghe, più nessun Merida potrà tenermi fermo, ascolterò solo la corrente ed il moto controverso dello onde. No Sambo cosa dici ? Dai Sambo alzati ! Sambo ? Sambo !
Ma Sambo non risponde, non si alza.
Ho capito adesso. Ho capito di cosa hai paura Venalia. Temi che se dovessi abbassare la guardia, perdonare chi sbaglia, chi fallisce, finiresti come Lisandria, povera e schiacciata. L'ho compreso tardi, per me adesso è tempo di tornare a casa.

Sulla nave, ripenso ai ricordi che il viaggio mi ha lasciato. Sette.
Il primo è la marea, che sei ore cala, sei ore cresce.
Il secondo sono le maschere.
Il terzo le opportunità
Il quarto è Sambo, che muore su una spiaggia deserta.
Il quinto è la fantasia
Il sesto, l'Arsenale
Ed il settimo. Il settimo ricordo di Venalia è un segreto. E' la sua bellezza. Se volete provare a scoprirlo venite, venite a Vigezia.


Autore
Rapace Sagace