I Fiori di Meridia
Raccontato da Rapace Sagace il quinto giorno della seconda decade di Caduceo dell'anno 1260, durante la breve presa di Montecastello. Dedicato a tutto il popolo caduto in guerra.
Questo è un fiore. Se per voi non c'è nulla è normale, questo è un fiore che vedono solo i morti. Se invece lo vedete anche voi, questo fiore che vedono solo i morti, è perché di questi giorni tra vivi e morti c'è poca differenza, basta un soffio e ci si trova dall'altra parte, come tutti i caduti, là, a Rilmeren. Per me invece è facile vederlo, questo fiore che vedono solo i morti, l'ho colto tra le dune di Meridia, dove io, e tutti i miei compagni, siamo morti.
Ma quando sono stati piantati i semi di questo fiore che vedono solo i morti ? Più di un anno fa, in un'estate calda e profumata.
Elianto, di rose e di fontane, dove il rumore dolce dell'acqua accompagna il lento scorrere delle giornate e sembra irridere l'orizzonte tremulo, ardente, lontano sopra il deserto. Io c'ero arrivato da poco e delle città non mi fidavo tanto, ero bracciante prima, nei campi. Perché non sei rimasto la ? Perché, dopo la guerra dei Re, in campagna era miseria. Ma Elianto è la più ospitale delle città Meride, in cui da secoli uomini, bruti e viaggiatori vivono e lavorano in pace, in cui, a volte, sono tollerati persino i venali. Ricca di fonti e di taverne, centro di ristoro per le carovane impegnate nel loro eterno moto circolare su sentieri aridi e feroci. Le taverne, già, niente a che vedere con le osterie della campagna, una classe che non vi dico, carne e formaggi, vino da ogni angolo del regno, puttane e gioco d'azzardo. Che in verità non mi riguardava perché non avevo niente, mi accontentavo di guardare. Si, anche le donne. Non avete idee di quante cose si imparino dal buco della serratura. Ma sopratutto le voci ! Nelle taverne di città arrivano sussurri di meraviglia da ogni contrada. Quell'estate arrivarono notizie da Ambra. Era assediata dalle bestie, ed il Re era accorso per salvarla. Sembrava anche che fossero state avvistate strane creature con il volto di rettile. Ma che vuoi che sia, saranno altre fiere dell'Agrosecco, le sistemeranno i guerrieri delle sabbie.
Così l'estate scivola nell'autunno, le sere diventano fresche e l'aria è addolcita dai fiori d'arancio. Io non ho in mente che Ambra. No, non la città, la figlia del carpentiere. E' bella Ambra, ha i capelli scuri e gli occhi profondi come la notte e quando sorride, quando sorride è un sole lieve che sorge. Per lei mi cerco un altro lavoro, gli stagionali ai giardini ormai non servono più. Finisco garzone nella bottega di un calzolaio. Un giorno, mentre armeggiavo con la lesina, con le mani callose da contadino è difficile, sento alcuni viaggiatori che parlano con il padrone. Pare che quelle creature simili a lucertole non vengano dal deserto ma siano giunte da oltre il mare, dal nuovo mondo, seguendo la rotta di ritorno della Magno Demone, la nave del barone Cipridi. Ottimo segno.
Ma si, ce n'è tante di bestie, una più una meno che sarà mai.
L'inverno copre i pensieri. Le notti sono fredde anche a Meridia, cosa credete ? Ma a me va bene, quando fa buio vado a cottimo a caricare casse di legumi sui carri. Lì qualche fuoco acceso c'è sempre e poi muovendoti il gelo non lo senti. Si faccio due lavori. Il padre di Ambra ha detto che sua figlia in sposa ad un poveraccio non la da. Però mi piace stare così vicino alle carovane. Hanno quel fascino, quella magia. Sembrano sempre uscire da una leggenda, da luoghi fatati in cui non si può più tornare. E poi ci sono le storie. Ancora lucertole. Ashai. Eh ? Si chiamano Ashai. Sanno parlare, sono civili, come noi, pensa che a Venalia, Neenuvar ed Altabrina gli hanno persino dato delle terre da abitare. A noi nulla ? Ma si, le hanno comprate con oro del nuovo mondo, roba da ricchi, non è niente.
La primavera scuote le emozioni, risveglia i sensi e ti da il coraggio per urlare quello che hai dentro, per dire finalmente, senza fiato, quelle parole. Ti amo. Sposiamoci. E vedo le suole nel magazzino del calzolaio annuire in approvazione. Per riuscire a dichiararmi ad Ambra ci ho messo altri quattro mesi. Nel frattempo, le staffette che arrivavano dal Nord erano sempre più allarmate. Gli Ashai. Hanno attaccato. Ma non erano buoni, civili, come noi ? Alcuni, qualche tribù è violenta, è normale. Ma non ci pensare, se ne preoccuperanno i nobili, che vuoi che sia.
Invece le cose peggiorano. A Fruttidoro giungono in continuazione nuovi messaggeri. E' la guerra. Le lucertole, tutte insieme, ad Altabrina hanno teso un'imboscata. Persino la Basilissa di Venalia è caduta prigioniera. Si ma è lontano. Non ci riguarda. State tranquilli. In caso il Principe ci avviserà.
Finalmente è il giorno del mio matrimonio. Lei è bellissima. Cammina leggera verso di me, come se danzasse. Intorno, drappi di ogni colore danno alla luce una sfumatura di magia.
Un fischio. Lontano. Poi uno schianto in mezzo a noi. E' l'inizio.
Quando vedono il primo cadavere per strada, le persone vomitano e perdono i sensi, vomitano e perdono i sensi. Sentono un tremore nelle ginocchia e poi gli manca l'aria.
La prima fu Ambra, schiacciata dal masso di quell'arma infame che è la catapulta. E' raccomandabile piangere. E' raccomandabile piangere. E' raccomandabile piangere, fa bene al cuore. Ma nemmeno per questo c'è molto tempo. Non c'è tempo a disposizione mai. Tutti fuggono cercando un riparo ma già sulle mura sguarnite, impreparate ad un assalto, si vedono le sagome scure delle lucertole. E da li, in alto, possono far piovere frecce dentro la città. Bisogna avvolgere i morti con lenzuoli bianchi. Mi raccomando, coprire i morti con lenzuoli bianchi. Non si può seppellirli senza. Non è raccomandabile seppellirli senza. Fa diffondere il panico. Fa diffondere il panico. La paura della morte diventa la paura di finire sepolti allo stesso modo, senza uno straccio bianco, senza un pezzo di legno attorno. Delle voci spezzate tentano di riportare ordine. L'Arconte Creone con un pugno di armati prova ad organizzare una difesa disperata. Altri, come me, fuggono, verso il deserto, verso la salvezza. Non c'è tempo per curarsi dei caduti. Non bisogna lasciare i corpi per strada. Non è raccomandabile lasciare i corpi per strada perché poi, in genere, arrivano i cani affamati. Poi arrivano i cani affamati.
Siamo fuori dalle mura, feriti, dannati ma vivi. vivi.
Strisciamo, tra le dune. Icario III, reggente di Elianto, ci ha radunati, ci vuole portare in salvo, al sicuro, nelle leggendarie caverne dei Monti Rugenti. Ma prima, prima sono giorni di marcia forzata nel deserto. Cosa vuol dire marcia forzata ? Che si cammina giorno e notte, ma no sulle strade che è pericolo, sulla sabbia. La sabbia è traditrice, si sprofonda ad ogni passo. Così almeno la fatica e la fame ci permettono di non impazzire di dolore. Un passo dopo l'altro. E basta.
Al terzo giorno molti di noi sono stremati, molti altri invece li abbiamo lasciati sulla via. Ma il terreno inizia a farsi più roccioso, in lontananza, si scorge già la cresta dei monti.
Invece, all'improvviso, a fianco, sul crinale alto di una duna vediamo una pattuglia di Ashai. Alla loro destra si stende la valle delle Patrio con i suoi campi ed i suoi giardini. A sinistra noi. Tutto è fermo. Stanno scegliendo dove andare. I Quattro Dei, dopo un breve conciliabolo, decidono di risparmiare questo affronto ai superbi fiori di Meridia e le lucertole iniziano a caricare nella nostra direzione. La maggior parte di noi fugge, veloce, verso i monti. Io, ed altri, ci fermiamo, a coprire la ritirata, ad aspettare la morte.
No. Non siamo eroi. Non lo siamo, va bene ? E' stata una scelta di convenienza. Perché la morte in battaglia non è la cosa peggiore che può capitare. No. Dopo la guerra arrivano pestilenza e carestia. E, a volte, per vincere, si diventa come animali, si muore dentro, si perdono onore e rispetto ed ognuno si fa spietato e chiuso, peggio delle bestie che sta combattendo. Non voglio vederlo. Non un'altra volta.
Si dice che il deserto fiorisca una volta ogni cento anni, quando le fate della notte si ritrovano per fare all'amore. Non so se sia vero. Ma so che adesso, nelle sabbie arrossate dal sangue sono sbocciati i nostri fiori, i fiori che vedono solo morti. Vi auguro di non vederli, quando libererete Meridia, di essere ancora vivi dentro, uomini e non bestie.
Per me è tempo di andare, anche il rosso di questi petali sta svanendo.
Buio.
E nulla più.
Autore
Rapace Sagace