Con queste parole, a pochi mesi dalla prima messa in scena de La fortezza dei vinti, iniziavo un articolo chiamato Suggestioni, una raccolta di suggerimenti cinematografici forse utili per definire meglio i vostri personaggi e prepararvi ad affrontare le situazioni che avrebbero vissuto. Con l’avvicinarsi della replica ho deciso di tornare sull'argomento, affrontandolo però con un approccio diverso, utilizzando questa volta brani di letteratura per introdurre, seppure di sfuggita, non situazioni particolari ma i temi generali e profondi che il nostro evento vorrebbe toccare. Siccome questi motivi, la guerra, la presenza dell’altro, l’umanità, trascendono i confini particolari di una vicenda o di un genere, ho scelto di attingere alle fonti più disparate, lasciandomi guidare solo dalla libera associazione di idee, perché i simboli alla base di ogni racconto sono, in fin dei conti, sempre gli stessi. Anche questa volta, con il mio breve elenco di suggerimenti, non pretendo di fornire una guida completa a tutte le fondi di ispirazione utili, ne tantomeno di di tracciare veri parallelismi letterari. Sono solo suggestioni, fragili e arbitrarie.
I personaggi de La fortezza dei vinti non sono eroi destinati alla guerra o alla tragedia, come quelli di cui ci occuperemo nel Crepuscolo degli Dei. Cercano piuttosto di essere persone autentiche, guidati da dubbi e passioni; uomini comuni, o apparentemente comuni, che si trovano in una situazione straordinaria. Alcuni di loro sono grandi signori o soldati di una guerra persa prima del suo inizio, ma molti provengono da quelle schiere di umili quasi sempre dimenticate dal fantasy classico. Mi vengono quindi alla mente le parole che, nell’ottocento, George Eliott scriveva in difesa di un’estetica dell’umiltà nel suo Adam Bede:
“I turn, without shrinking, from cloud-borne angels, from prophets, sibyls, and heroic warriors, to an old woman bending over her flower-pot, or eating her solitary dinner, while the noonday light, softened perhaps by a screen of leaves, falls on her mob-cap, and just touches the rim of her spinning-wheel, and her stone jug, and all those cheap common things which are the precious necessaries of life to her—or I turn to that village wedding, kept between four brown walls, where an awkward bridegroom opens the dance with a high-shouldered, broad-faced bride, while elderly and middle-aged friends look on, with very irregular noses and lips, and probably with quart-pots in their hands, but with an expression of unmistakable contentment and goodwill.”
Ma se alcuni protagonisti provengono dalle fila degli ultimi, non vuol dire che il corso della Storia, deciso da potenti lontani e spesso senza nome, non irromperà nelle loro vite, sconvolgendole. Come si rapportano un bracciante di un forte di campagna, o un coscritto mandato in prima linea, all’incedere inarrestabile e, forse, per loro inspiegabile della guerra? E’ quanto accade nei Promessi Sposi e così Manzoni descrive il turbine della storia che solleva e scardina ogni vita, anche quelle dei suoi umili protagonisti:
Parlo di ultimi e umili. Ma chi sono costoro? Come vedono la loro vita, come considerano il loro posto nel mondo? Hanno la dignità stoica di chi sopporta con fierezza o sono arresi alla loro condizione, disperati come i cafoni della Fontamara di Silone ?
Questo ognuno lo sa.
Poi viene il principe di Torlonia, padrone della terra.
Poi vengono le guardie del principe.
Poi vengono i cani delle guardie del principe.
Poi, nulla.
Poi, ancora nulla.
Poi, ancora nulla.
Poi vengono i cafoni.
E si può dire ch'è finito.”
Quale che sia la loro condizione e la loro percezione di se, l’unica certezza a disposizione dei personaggi de La fortezza dei vinti è quella di non essere soli. Le loro vicende, le loro sconfitte, i loro piccoli trionfi, si svilupperanno solo nel rapporto con l’altro. Lo sapeva bene Hemingway, che nell’apertura di uno dei suoi romanzi più famosi citava questa poesia di John Donne:
intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte della Terra.
Se una Zolla viene portata via dall'onda del Mare,
la Terra ne è diminuita,
come se un Promontorio fosse stato al suo posto,
o una Magione amica o la tua stessa Casa.
Ogni morte d'uomo mi diminusce,
perchè io partecipo all'Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te.”
Nessun uomo è un’isola. Ma quale sarà il rapporto del vostro personaggio con quanti lo circondano? Riuscirà a mantenere intatti i suoi legami e i suoi affetti, usandoli come forza per superare la tempesta che presto lo travolgerà oppure si accorgerà con dolore che, nei momenti più bui, non resta che una profonda solitudine ?
( Buzzati, Il Deserto dei Tartari )
Che siate soli o circondati da quanti potete chiamare amici o fratelli, presto o tardi vi accorgerete di come la guerra e la disperazione dei giorni d’assedio vi obbligheranno a soppesare il loro animo con sguardo diverso. Come reagirete quando in loro vedrete verità nascoste che avete sempre scelto di ignorare? Sarete colti dall’orrore, nell’intravedere l’oscurità che si agita nel cuore di tutti gli uomini?
( Conrad, Cuore di tenebra )
Una storia di guerra, dunque. Una storia incentrata sul rapporto con l’altro. E, in battaglia, l’altro prende il nome di nemico. Cosa pensano i vostri personaggi dei loro avversari? Li percepiscono come esseri umani o solo come ostacoli da schiacciare per raggiungere un obbiettivo?
Nel 472 a.c., Eschilo scrisse una tragedia per celebrare la vittoria greca nella battaglia di Salamina. Al contrario di quanto fanno dei famosi film in odore di fascismo dei giorni nostri, l’antico drammaturgo decise di rappresentare la vicenda dal punto di vista dei persiani, i suoi nemici, rendendo così loro l’onore dell’umanità e dipingendo l’angoscia e la sofferenza come universali, riconoscendo così una profonda identità fra vincitori e vinti.
Nella tragedia Atossa, madre di Serse, attende il ritorno dei guerrieri, funestata da cupi presagi e dall’ansia di chi potrebbe perdere suo figlio.
“Lungamente tacqu’io, misera attonitaDa mali tanti; e sì oltrepassa il metro
Questa sventura, che nè il dir concede,
Nè gli altrui detti udire. Ma pur forza
È il sopportar le angosce noi mortali,
Qualor gli Iddii le inviano. Su, dunque,
A parte a parte annovera le piaghe;
E, piangendo anco, imperturbabil narra
Qual sia vivo dei Duci, e qual sia estinto,
Di sè lasciando vedovi i suoi prodi
Pochi rimasti…”
( Eschilo, I Persiani )
Ben diverso è il trattamento del nemico che viene raccontato in un altro testo, la Bibbia:
“...Alla settima volta i sacerdoti diedero fiato alle trombe e Giosuè disse al popolo: «Lanciate il grido di guerra perché il Signore mette in vostro potere la città.La città con quanto vi è in essa sarà votata allo sterminio per il Signore[...] Allora il popolo lanciò il grido di guerra e si suonarono le trombe. Come il popolo udì il suono della tromba ed ebbe lanciato un grande grido di guerra, le mura della città crollarono; il popolo allora salì verso la città, ciascuno diritto davanti a sé, e occuparono la città. Votarono poi allo sterminio, passando a fil di spada, ogni essere che era nella città, dall'uomo alla donna, dal giovane al vecchio, e perfino il bue, l'ariete e l'asino.”
( Giosuè, 6, 16-21 )
Come considerare quindi il nemico? I vostri personaggi dovranno cercare una risposta a questa domanda. Ma, forse, in guerra non c’è che una certezza, ed è la pace bianca dei morti.
As natural law, but upright man
seeks his divinity by inflicting pain.
Delirious as these worried beasts, his wars
dance to the tightened carcass of a drum
While he calls courage still that native dread
Of the white peace conctracted by the dead”
( Derek Walcott, A Far Cry from Africa )
Combattere. Per quale motivo lo farete? Sarete soldati leali, convinti di quanto scriveva Orazio, “Dulce et decorum est pro patria mori”, oppure coscritti reclutati a forza, certi che quelle antiche parole non siano che una vecchia menzogna?
His hanging face, like a devil's sick of sin;
If you could hear, at every jolt, the blood
Come gargling from the froth-corrupted lungs,
Obscene as cancer, bitter as the cud
Of vile, incurable sores on innocent tongues,
My friend, you would not tell with such high zest
To children ardent for some desperate glory,
The old Lie; Dulce et Decorum est
Pro patria mori.”
( Wilfred Owen, Dulce et Decorum est )
E se non per la patria, per quale motivo combattere? Per cosa vale la pena rischiare la propria vita e spegnere quella di un altro?
( Wu Ming, Q )
Le mie suggestioni si fermano qui. Ora passo la parola a voi. Quali testi vi sentite di citare o consigliare come fonte di ispirazione per i dubbi e le difficili scelte che dovranno affrontare i personaggi durante La fortezza dei vinti ?
Parlando di dilemmi, non posso che chiudere con le parole del principe di Danimarca:
“How stand I then,That have a father kill'd, a mother stain'd,
Excitements of my reason and my blood,
And let all sleep? while, to my shame, I see
The imminent death of twenty thousand men,
That, for a fantasy and trick of fame,
Go to their graves like beds, fight for a plot
Whereon the numbers cannot try the cause,
Which is not tomb enough and continent
To hide the slain? O, from this time forth,
My thoughts be bloody, or be nothing worth!”
(Shakespeare, Hamlet)
Vedi anche l'articolo originale Suggestioni, dedicato a ispirazioni cinematografiche e televisive (ovvero, spezzoni video) per La fortezza dei vinti.
Se non conoscevi ancora questa simpatica rubrica e per qualche motivo vuoi approfondire i nostri passati vaneggiamenti, ti consigliamo il Manifesto 2013 di Terre Spezzate - "La Rivoluzione d'Ottobre", gli altri articoli del Diario dello Sviluppatore e le famigerate, insolenti, irresistibili 42 Tesi per la Rivoluzione.
P.s.: le iscrizioni a La fortezza dei vinti procedono bene, i personaggi sono tutti pubblicati e a questa pagina tutti possono leggere le brevi introduzioni a ciascun personaggio! Ti aspettiamo il 4,5,6 aprile al Castello di Paderna; oppure il 14,15,16 marzo a Milano per Cartoomics!