LA CORTE DELLA NOTTE
I momenti più felici della mia vita me li ha dati la menzogna.

Indecifrabile appare l’animo della corte più nera, come l’ombra contorta di quell’albero antico, in cui una fanciulla nascose una verità e sette bugie.
Intorno allo stendardo della Notte si raccolgono infatti cuori contrari in sparsa schiera, colmi di caparbia ribellione, cupa solitudine o sagace malizia. Celate sono le vie del loro agire, più segrete di quel luogo perduto dove una volta ogni cento anni le fate della sera si radunano per scambiarsi promesse d’amore.
Nessuno è mai riuscito a imbrigliare le genti di scuro vestite e senza un Re o una Regina i principi e le principesse della notte cospirano gli uni contro gli altri, per riuscire a portare la loro voce ad una Corte ostinata a non udire. Sotto alle ultime stelle, i cui nomi sono un presagio, un augurio e un maledizione, scambiano incanti con capelli e ricordi rubati le streghe di una brughiera lontana e tessono intrighi gli eredi di un nero signore, inseguono la preda i cacciatori del silenzio e fanno la carità gli onesti ladroni. Lontano, fra le ombre del confine, solitarie e coraggiose sentinelle difendono la notte dagli incubi neri.
GLI EREDI DEL RE CHE MAI FU

Tra i signori imbellettati della corte bianca, in molti, forse accecati dal sole, ripetono fino allo sfinimento che il male si nasconde fra le ombre della sera. Hanno ragione. Nemmeno l’insaziabile Nulla ha potuto infatti cancellare tutti i ricordi della più nera storia, e ancora oggi nell’animo di ognuno, come un frammento perduto ma non per questo meno terribile, si agita l’eco di colui che seppe far suo il cuore della notte.
Senza nome e senza ombra, il Re che mai fu comparve all’improvviso dai cancelli di bronzo da cui nascono le maree, accompagnato dalle sue terribili armate di piuttosto e di giammai, portando discordia in ogni contrada del Regno Incantato. Per mano sua smise di parlare il figlio del lupo, prima di rivelare un grande segreto, e per suo volere l’autunno perse i suoi giorni più belli. Impossibile era sfuggire alla sua malizia, poiché il Re che mai fu aveva trovato la chiave per il pozzo dei desideri. Eppure, così come era venuto, un giorno egli svanì dalla storia, senza trovare la sua agognata preda, nascosta, come la fine di ogni avventura, nell’odiato e irraggiungibile villaggio di Nessundove.
Ma il Re che mai fu lasciò qualcosa dietro di sé, quelle sue oscure materie ora raccolte da quanti si proclamano suoi eredi. Essi hanno un’anima nera e non si fermeranno fino a quando uno di loro non indosserà la corona che non c’è mai stata, regnando così sulla Notte e sulla Rocca d’Avorio. In molti temono questi Eredi, ma è difficile resistere alle parole di chi può far avverare ogni desiderio...
I CACCIATORI DEL SILENZIO

Oltre alle colline cresciute sopra ai nomi delle prime stelle, all’ombra di quella foresta dove dagli alberi nascono chiavi, nel palazzo le cui stanze hanno nome di misteri e i cui specchi sono sempre coperti, i nobili Cacciatori del Silenzio hanno dimorato fino a quando il Nulla non urlò con voce muta.
Prima dell’ultima notte, i Cacciatori sapevano inseguire la loro preda fin nelle selve più fitte, aspettando con pazienza che il silenzio, stanco per la lunga corsa, si facesse docile e calmo. A quel punto, mischiando una piuma di caprimulgo, una moneta sottratta ad uomo maledetto e una goccia di vino per dare sapore, lo attiravano dentro un’anfora da consegnare poi ai mercanti diretti verso le grandi città, dove un momento senza rumore era pagato con il colore dell’oro. Così il silenzio veniva venduto ma i Cacciatori tenevano per sè le sue parti più preziose, che gli uomini meno saggi chiamano segreti.
Quando i venti del niente iniziarono a soffiare, la Principessa Celata, come sempre intenta a scrutare ogni cosa taciuta, condusse i suoi Cacciatori a reclamare la Rocca d’Avorio, perché a nessun altra dovrebbe appartenere un luogo nascosto alla fine di ogni strada perduta.
Intrappolati nella tregua chiamata secondo giuramento, i Cacciatori del Silenzio non intendono rinunciare alle loro misteriose usanze, il cui vero nome è libertà, e sono pronti a tramare nell’ombra e usare la più preziosa di tutte le mercanzie: i segreti.
I LADRI DELL'ARCOBALENO

Molti sono i furfanti, i ladruncoli, gli imbroglioni e i barattieri che indossano il colore della Notte quasi fosse una bandiera. Alcuni di loro sono avidi e meschini, capaci di vendere il riflesso dei loro occhi per un cucchiaio d’argento, mentre altri sono avventurieri dal cuore d’oro, incapaci di inginocchiarsi all'autorità e alla prepotenza dello sceriffo o del cardinale. Qualcuno rubò la pietra del gallo, capace di far avverare un desiderio solo se espresso al contrario, e qualcun’altro vinse a carte l’anello di re Salomone, nella cui pietra restano intrappolati gli incubi di chi lo indossa. Forse uno voleva la capra dal manto di perla per purificare l’acqua di un putrido stagno e l’altro era solo un pirata dall’animo nero. Forse. Ma non importa. Perché questa non è la storia di come i ladri fossero divisi, ma il racconto di come finirono, loro malgrado, per essere uniti.
Si dice che essi fecero lega, per quanto precaria e tracciata sull’acqua, per rubare il più grande tesoro e poi, compiuto il misfatto, partirsene ognuno per la sua strada. Quel prezioso bottino altro non era che quella pentola d’oro, colma di monete e cristalli, nascosta alla fine di ogni arcobaleno. Con il piano ripetuto sette volte per sette sere, e a ciascuno assegnato il suo ruolo, i ladri così partirono per la più ardita impresa. Essi raggiunsero l’agognata Pentola ma, per errore, non alla fine dell’arco nel cielo bensì al suo inizio. Stavano cercando di rubare la pentola da cui nasce ogni arcobaleno. Il folletto, che di quel tesoro era il nascosto guardiano, maledì codesta marmaglia e le sue avide saccocce. “Agirete d’ora in avanti insieme, in vicendevole aiuto. Ogni qual volta vorrete allungare le mani su un nuovo tesoro concorrerete all’unisono per perseguire il vostro scopo, come fanno le note musicali quando in alto si librano in aria per suonare un accordo. Le vostre tasche e le vostre sacche non accoglieranno mai alcun pezzo d’oro o moneta, ma saranno piene di polveri colorate, le ceneri dell’arcobaleno che in frantumi avete condannato. Così io dico e così il libro dei racconti rimane scritto, fino a quando una nuova pentola da voi verrà forgiata”.
E così, guidati dalla maledizione, i Ladri dell’Arcobaleno, come furono chiamati, arrivarono alla nascosta Rocca d’Avorio, e si dice che prima di riprendere i loro loschi scopi, forse anche quello di rubare la Notte intera, dovranno spargere le ceneri dell’arcobaleno, dando così alla personalità di chi sceglieranno, per guadagno o per capriccio, un nuovo colore.
LE SORELLE DEL CROCEVIA
Esiste un antico patto tra otto donne dal nero vestito
e il Diavolo suadente e vigoroso a cui tutto è consentito.
Nella notte già santa sotto la bianca luna
Arrivan le otto sorelle a riscuoter fortuna.
Una porta candela, l’altra un capello e poi l’argento dell’antica dinastia
Nel luogo che ogni volta cambia rimanendo sempre un crocevia.


Ci sono segreti che tutti conoscono. Una volta ogni anno, quando la luna risplende, ad un incrocio si incontrano otto sorelle, una per ognuno dei sette punti cardinali e l’ultima sgradita e cinta di bianco. Alcuni le chiamano streghe, quando sanno di non essere ascoltati. Altri le invocano come gentili signore, pronti ad offrire loro ogni cosa, siano ricordi d’infanzia o i capelli di un’amata, il cavallo di legno con cui si baloccava da bimbo il grande cavaliere o quello che resta del pasto di un Re, poiché le otto sorelle hanno il potere di intrecciare i legami delle genti e del fato, mutando l’odio in amore e l’amicizia in dissenso.
Ora che il Nulla ha distrutto ogni strada, le streghe della notte attendono alla Rocca d’Avorio, l’ultimo fra tutti i crocevia. Alcuni si avvicinano a loro, sperando di ottenerne a caro prezzo i pericolosi servigi, mentre altri non osano nemmeno incrociarne lo sguardo. Cosa tramino, quando sotto alle ombre degli alberi si riuniscono in congrega, nessuno può dirlo, se non forse la Principessa dell’Oltre o il Diavolo stesso.

E all’ultimo crocicchio le streghe son unite nella Rocca
Solo in sette sono giunte, ha tradito una bianca sciocca
Del Diavolo, si sa, non è infinita la pazienza
E alle sorelle non resta che la sua benevolenza.

LE SENTINELLE DEL BUIO

Nessuno sa dire da dove arrivassero, quegli strani viandanti dal volto torvo e incupito. Non portavano cicatrici da mostrare come medaglie, eppure negli occhi severi avevano quella luce fredda, spesso abbandonata nei campi al confine tra un’epoca e l'altra, di chi ha conosciuto il volto della battaglia. Forse non scontro di spade e pistole, ma una lotta portata nel segreto dell’animo, come i passi di quello scudiero che volle cogliere una rosa sotto alla torre più nera.
Nessuno sa di dire da dove arrivassero, quando i viandanti arrivarono alla Rocca d’Avorio, poco prima che il Secondo Giuramento fosse pronunciato. Per alcuni da oltre i boschi e le paludi, dove ancora è nascosto il segreto del figlio del lupo, per altri da quel luogo dove vanno a morire le nubi e il vento è tagliente più di una verità o di un ricordo. C’era qualcosa di strano nel loro parlare e nel modo in cui solevano guardarsi l’un l’altro. Ma in quei giorni prima della memoria nessuno ebbe il tempo di badarci. Fu così che gli stranieri, dal vestito già più nero della sera, si inchinarono alla bandiera della Notte.
Quando, dalle porte del Nulla, i terribili Incubi Neri incominciarono ad assediare la Rocca, gli stranieri per primi si schierarono a difenderla, finendo così per essere chiamati Sentinelle del Buio e legati a un dovere gravoso. Notte dopo notte, le Sentinelle difendono le porte. Notte dopo notte, le Sentinelle celebrano le loro regole severe. Notte dopo notte, le Sentinelle nascondono un segreto di paura, nero come il dente dell’ultimo lupo.
Quando invece il sole splende, e questi difensori, che non con spada ma con parola proteggono le mura, si riposano dalla lunga battaglia, i sentimenti di rivalsa crescono di giorno in giorno.
A chi dovrebbe appartenere l’ultima Rocca, se non a chi la difende ogni notte?
I VERMIGLI

Esistono colpe senza perdono, anche in quello che resta del Regno Incantato. Quando il primo giuramento fu infranto, gli stessi traditori che distrussero quella sacra promessa, le cui parole sono ormai dimenticate, aprirono le porte della Rocca d’Avorio, lasciando che i venti del Nulla soffiassero al suo interno, rapendo ricordi, persone e storia. Sconfitti e imprigionati, i vili ingannatori furono tra loro separati e obbligati dalla magia del secondo giuramento a servire chi la Corte del Giorno e chi quella della Notte.
Da allora essi, con il disprezzo di tutte le genti, vengono chiamati Vermigli e obbligati a portare una fascia cremisi sopra le loro vesti bianche o nere come ricordo del loro grande peccato.
Quale sarà il ruolo di questi traditori, alla vigilia dell’ultimo racconto?

Costretti a portare una fascia cremisi in ricordo del loro terribile peccato e disprezzati da tutte le genti, i Vermigli della Corte della Notte sono relegati dal fragile volere dei Principi tra gli ultimi e gli esclusi. Nessun diritto è loro concesso e chiunque si può arrogare la potestà di comandarli, tuttavia fra le schiere del Buio l’obbedienza alle regole non è virtù apprezzata e sono in molti coloro i quali, di nascosto e con diffidenza, cercano di carpire i segreti o la fedeltà di questi traditori. Per questo i Vermigli neri, nonostante la loro triste condizione, non formano un gruppo coeso, ma agiscono spesso in solitudine, ognuno intento a perseguire i suoi misteriosi scopi. Dalle poche frasi rubate alle loro conversazioni, pare che essi si muovano per una misteriosa Causa e vogliano proteggere un antico Segreto, certi che il Nulla non abbia distrutto tutti i loro ricordi. Ma cosa ci sia di vero, nelle parole di questi infami Vermigli, nessuno è in grado di dirlo.



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